Quando liberarono Farouk, io me lo ricordo. Mi ricordo una folla traboccante d’emozione davanti al cancello di villa Kassan, una folla di persone che pareva non c’entrassero nulla le une con le altre, e invece qualcosa c’era a tenerle unite, pressate nello stesso spazio di quel piazzale asfaltato in cima alla collina di Pantogia: c’era la celebrazione di una piccola vita recuperata, restituita alla libertà, sottratta alla ferocia di uomini che nessun aggettivo della lingua italiana saprebbe condannare come meritano. C’era un senso di vergogna lavato dalla salvezza del bambino, ma non del tutto, una macchia indelebile sulla coscienza di tutti. Mi ricordo come un’aria solenne di liberazione, come se una guerra fosse finita. Come un sollievo collettivo, così trasversale da attraversare età, appartenenze, condizioni sociali, come se milioni di persone avessero rilasciato contemporaneamente il fiato, dopo mesi di apnea. Io c’ero, davanti a quel cancello, ho sentito con le mie orecchie le sirene degli yacht barrire a festa, quando la notizia venne confermata. Non ricordo come seppi della liberazione, so che ero in giro con la mia fidanzata e fu naturale, quasi istintivo, cambiare i programmi per salire su a Pantogia e aspettare il ritorno di Farouk. Non avevo un telefonino, non posso che averlo saputo dalla televisione o dalla radio. Quel 1992 fu il mio primo di dieci anni di lavoro nella vigilanza della Costa Smeralda. Fui assunto a maggio, a sequestro ancora in corso. Certe notti, quando ci assegnavano a quella zona, io e il collega di turno andavamo a tenere compagnia e portare viveri ai poliziotti che piantonavano l’ingresso della villa. I colleghi della vigilanza in servizio quel 15 gennaio 1992 mi avevano raccontato tutti i dettagli di quelle ore, le perquisizioni villa per villa col cuore in gola, i loro dubbi su certe presenze a villa Kassam e sulla ricostruzione di una certa tempistica ufficiale, che non quadrava e credo non quadrerà mai. Ero poco più che un ragazzo e fui catapultato in pieno in quello stato d’attesa angosciosa. Credevo che andar su a Pantogia fosse la scelta di una persona che si credeva emotivamente più coinvolta di altre. Invece, davanti al cancello, trovai gente di Arzachena mescolata a personaggi della televisione, del giornalismo, dello spettacolo, un popolo improbabile che condivideva la stessa gioia e aveva voluto essere presente, in quel momento, nel posto da cui quel bene si irradiava, per respirarlo da vicino, come un atto di responsabilità civile. Era giusto esserci. In più di cinquant’anni di Costa Smeralda, non ricordo un altro momento in cui due corpi distanti come Arzachena e Porto Cervo si siano ritrovati uniti, parte di uno stesso popolo, come quella sera. Porto Cervo sarebbe una frazione del Comune di Arzachena, ma noi che ci viviamo sappiamo bene essere due mondi lontani, con territori nettamente delimitati dalla consapevolezza dei ruoli sociali. Quella sera fu diverso, come mai mi ricordo sia accaduto, né prima né dopo. Tra quei vip davanti al cancello mi ricordo Giampiero Galeazzi, ma soprattutto il giornalista Andrea Barbato. Quando facevo il turno del mattino a Porto Cervo, Barbato lo incontravo sempre perché lui usciva a fare una camminata all’alba. Mai, però, ebbi l’audacia di presentarmi e confessare la sua ammirazione per lui, che era un celebre opinionista della televisione. Ci scambiavamo un formale buongiorno, basta. Quella sera a Pantogia fu lui a salutare me, prima con un cenno e poi con una stretta di mano. Mi aveva riconosciuto, anche se non portavo la divisa. Tutto sembrava possibile e naturale, come in una giornata di festa straordinaria, letteralmente straordinaria.
La memoria di quella sera l’avevo rimossa, così almeno pensavo. Credo abbia bussato infuriata al mio cervello nel sentire gente che stravolgeva la storia, trasformando in eroe un sequestratore di bambini.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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