Non sono sassarese. Ci vivo da anni e convivo con le contraddizioni – alcune bellissime, altre meno – di questa città. I candelieri sono l’anima più colorata, sanguigna, un misto di paganesimo e cattolicesimo, un rito da onorare. Capisco e rispetto l’amore dei sassaresi per la loro festa che, in piccola parte, è anche mia. Certi contributi di amore indiscriminato al passaggio del candeliere mi emozionano e mi ricordano i riti che vidi in Messico, a San Cristobal de la Casas, un misto di magia e mistero, di ballo e fantasia, di ruvida bellezza. Ecco, spiegatemi allora cosa significa organizzare (uccidendo la spontaneità della festa) una gazzarra inutile, di cattivo gusto, rivolta al primo cittadino della città. Mi è stato detto: “è l’anima popolare, una risposta vera a chi ha governato bene o male Sassari”. Niente di più falso. Chi “fruscia” non ha niente di spontaneo, è tutto terribilmente organizzato da claques una volta di destra e una di sinistra, a seconda di chi governa. Una ferita, una scheggia che disonora la festa. “Si è sempre fatto così” e, da non sassarese, ho scoperto che anche questa è una notizia falsa. Si è fatto così dagli anni ottanta ed è diventata, poi, negli anni, una pessima tradizione. I candelieri sono patrimonio immateriale dell’Unesco, una delle feste più vere, più belle, più emozionanti del mondo. Finire sui giornali per il tenore delle frusciate al sindaco è indice di piccolo provincialismo che non giova alla festa e neppure a Sassari. Spero qualcuno rifletta che questa non è una sagra di paese, non è semplice folclore: i candelieri sono l’anima e la passione di Sassari. Ci sono mille modi per contrastare l’operato della giunta e “frusciare” durante il giorno più importante della città non è tra i migliori. Cari sassaresi, ripensateci. Quei frusci rovinano l’abito della festa. E non fanno onore alla città.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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