Chissà cosa penserebbe Antonino Cannavacciuolo (a proposito, oggi è il suo 47° compleanno, auguri) delle “casgiatini” di nonna, per me minnanna. Le formaggelle (o casadinas o pardulas, a seconda delle zone) erano un rito del sabato santo. Ci si svegliava presto la mattina nello stazzo: c’era da lavorare la pasta con lo strutto, grattuggiare il formaggio (chiamato casciu spiattatu), la buccia delle arance e moltissima uva sultanina (o uva passa che dir si voglia) uova e zucchero. Eravamo tutti assoldati per l’impresa. Noi bambini (io e mio fratello) eravamo addetti alla legna e recuperare le fronde di lentisco per preparare “lu scupili” utile a pulire il forno caldo e destinato ad accogliere le teglie delle formaggelle. L’ultimo tocco era di mia zia che con della pasta della dimensione di uno spaghetto grossolano si prodigava ornando con le iniziali di tutti i commensali la “casgiatina” da infornare. Il diametro era quello di un piatto da dolce, ben ricolma di formaggio e raggiungeva il peso di circa duecento grammi. Le altre formaggelle si addobbavano con fiori o ghirigori stilistici. Poi si passava ad ungere con lo strutto sulle le mentre minnanna era già davanti al forno, io e mio fratello vicino a lei, in attesa che il miracolo si compisse. Le formaggelle bollivano e si doravano e in poco tempo tutto era concluso. Occorreva l’ultimo passaggio di competenza di minnanna relativo alla destinazione finale dei dolci: quelle bruciacchiate erano destinate al pranzo, quelle belle, sistemate in una grandissima “corbula”, finivano sotto il suo letto e sarebbero servite per offrire ai vari visitatori che fin dal pomeriggio sarebbero passati allo stazzo per gli auguri. Il sabato santo, a pranzo, si mangiavano solo ed esclusisamente “casgiatini” anche perché era difficile gustarne più di tre. Erano enormi, sapevano di buono, di campagna, di latte, di terra, sapevano di nonna. Non c’è stato più un sabato santo così dolce e le formaggelle che si acquistano da troppe parti non restituiscono quella bellezza degli stazzi. Cavannavacciuolo apprezzerebbe quelle di nonna. Fidatevi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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