Ieri in una delle classi in cui insegno italiano ho tentato un esperimento. Ho proiettato sulla Lim una notizia tratta da un sito internet, di cui non allego il link per motivi che vi spiegherò in seguito. La notizia racconta di un giudice di pace che ha disposto l’abbattimento di un cane lupo, la cui colpa era stata quella di avere sorpreso e aggredito quattro nordafricani che tentavano un furto in una casa di Isola Ligure, in Liguria. Il cane è stato ritenuto pericoloso e così, nonostante l’opposizione della famiglia Parodi, cui appartiene, il giudice ha stabilito che l’animale debba essere sopresso. Dopo aver letto la cronaca, ho chiesto agli alunni di commentare i fatti, esprimendo il loro punto di vista e spiegando perché, giornalisticamente, questa storia fosse appetibile. Ho aggiunto che uno dei siti che si occupano di petizioni online aveva lanciato la raccolta di firme per salvare Grisù, così si chiama il cane. In avvio di discussione ho guardato l’orologio, per tenere a mente l’ora di inizio. Nonostante la classe quel giorno non arrivasse a dieci presenti, ne è scaturito un dibattito in cui più o meno tutti hanno concordato sul fatto che il cane dovesse essere difeso e il giudice avesse assunto una decisione palesemente ingiusta. Dopo una ventina di minuti di chiacchiere, ho chiuso la fase delle considerazioni e mi sono rivolto alla classe. “Avete parlato per venti minuti del nulla, avete perso venti minuti della vostra vita. Per il semplice motivo che la notizia è inventata di sana pianta, è una bufala priva di fondamento pubblicata da un sito anonimo”. Dal silenzio seguito al mio annuncio, credo ci siano rimasti male. Per scusarmi, ho spiegato che la dinamica che si era sviluppata dentro la classe è la stessa che avviene in campo aperto, in contesti globali, quando abbocchiamo ad una notizia falsa e la rilanciamo contribuendo a diffonderla. È compito di tutti noi sviluppare le barriere critiche necessarie per estirpare questa erba velenosa delle fake news. E cosa c’entra con tutto questo una lezione di italiano? C’entra, perché attraverso l’analisi del testo si può distinguere una notizia vera da una inventata. “Isola Ligure” è un posto che non esiste, la sintassi del testo era sballata, le concordanze pure, mancavano riferimenti alle fonti, nessun altra testata aveva riportato la notizia. Leggere il testo significa anche capire alcuni temi ricorrenti quali negri criminali o magistrati cattivi, inoculati in organismi senza sufficienti anticorpi da una certa propaganda. Alla fine i miei studenti hanno riconosciuto e ammesso le incongruenze, promettendo che prima di infilarsi in una lunga discussione come quella appena conclusa cercheranno, attraverso i mezzi che la rete mette a disposizione, di verificare l’attendibilità della notizia, esaminando anche la correttezza dell’italiano usato dall’estensore del testo. Sapere l’italiano e saper leggere un testo tra le righe non rende persone migliori o peggiori. Però aiuta a leggere meglio la realtà e ad essere cittadini più maturi e consapevoli, capaci di difendersi da queste schifezze messe nel ventilatore da gente orribile. Infine, non vi posto il link di quella notizia perché il sito è infestato da banner con annunci pornografici espliciti che si aprono a sorpresa. Ve lo dico perché è quello che è successo ieri durante la lezione.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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