Tutti sappiamo cosa è successo cinque notti fa al largo della Libia. Un’imbarcazione che portava quasi mille persone ha fatto naufragio, uccidendo quasi tutti i passeggeri. Passeggeri per modo di dire. Viaggiavano peggio delle mucche destinate al macello. Perché viaggiano quelle persone? Perché rischiano? Ovviamente lo fanno perché sono esseri umani, e gli esseri umani viaggiano e migrano da quando esistono. 125mila anni fa homo sapiens si spostò dall’Africa centrale e si diffuse su tutto il pianeta. Quarantamila anni fa arrivò in Europa. Quarantamila, ma anche ventimila e diecimila anni fa, noi Europei del Sud avevamo la pelle nera. Eravamo negri, tutti. Quattromila anni fa, una popolazione dell’Asia centrale si mosse verso l’Europa e portò con sé i semi delle lingue indoeuropee. Altre popolazioni, figlie delle prime migrazioni dall’Africa all’Asia, piegarono verso l’Europa e portarono mutazioni genetiche che schiarirono la pelle agli europei, specie a quelli del nord. Si potrebbe continuare per ore a raccontare questo intreccio di differenze causato dal movimento dei popoli dentro la storia. Quei movimenti di popoli hanno fatto il mondo di oggi. E questo flusso di vita che si sposta, non si è mai fermato e non si può fermare. Neanche affondando i barconi. I semi non si fermano, e non si fermano neanche gli uomini. Le stesse cose che facevano migrare un Italiano nell’Ottocento oggi muovono un Africano, gli fanno superare il deserto per cercarsi un pezzo di legno e attraversare il Mediterraneo. E si migra via sempre dalle stesse cose: paura, fame, guerra, per la voglia di sopravvivere e in alcuni casi, addirittura, di poter vivere. Sono esseri umani tutti quei morti, figli dei nostri stessi antenati. Figli di quegli uomini che migliaia di anni fa in Africa si divisero e partirono alla scoperta del mondo. Figli degli Africani che eravamo noi, quando eravamo negri (l’ho detto sopra). Quello che ci ha reso bianchi (oddio, bianchi, io sono olivastro e d’estate sono più scuro di tanti Marocchini) è stato il movimento sulla terra. Altrettanto naturale, direi anche “animalesco”, è il razzismo. Se vi fate un giro in rete vi rendete conto di quanti festeggiano per i naufragi e le stragi. Sono certo che mille o diecimila anni fa eravamo altrettanto animaleschi e razzisti. Ma c’è una differenza, tra allora e oggi, tra i nostri antenati e noi, ed è che ormai sappiamo che l’umanità è fatta di quegli spostamenti, che la civiltà nasce dalle migrazioni, dalla fusione delle idee e delle culture. E che essere razzisti, oggi, significa dimenticare che la vita è movimento, superamento dei confini. È l’instabilità che ci rende umani. Per essere razzisti, oggi, occorre rinnegare se stessi. Ecco.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
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Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
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