Il prossimo 25 novembre ricorre la giornata internazionale contro le violenze sulle donne. Il testo qua sotto, liberamente tratto da una storia realmente accaduta è volutamente scritto e pensato per Paola o Lucia, Viola, Maria, Caterina, Francesca, Anna, Chiara, Claudia, Manuela, Elisabetta, Simona, Barbara, una qualsiasi di noi. Ho ascoltato la sua storia e ve la racconto con una lettera rivolta al suo carnefice.
«Ti ricordi quanto eravate felici da bambini? Siete cresciuti insieme come fratello e sorella. Ti ricordi quante volte vi siete azzuffati e poi crescendo vi siete ascoltati, consolati, derisi, divertiti? Ti ricordi il giorno in cui ti ha presentato quella che poi sarebbe diventata tua moglie, la mamma dei tuoi tre bambini? Ti ricordi quanto era felice al vostro matrimonio e quando è nato il primo, il secondo e poi la terza figlia? Lei c’era. C’era sempre in ogni momento importante, quando ci doveva essere. Come quella volta che il papà di tua moglie, la sua migliore amica, stava male e siete dovuti star via una settimana, lasciandole i bambini in custodia. Tutte le volte che è andata a prenderli all’asilo, a scuola, li ha portati in palestra, al cinema. Ti ricordi, c’era anche quella sera. Una come tante altre. I bambini dai nonni e lei arrivata a prendere tua moglie per una delle loro consuete cene tra amiche. Come al solito è in ritardo, le dice di salire, le apre la porta, le stampa un bacio sulla guancia, le sorride e le dice di raggiungerti in cucina. Tua moglie si doveva ancora fare la doccia. E schizza in bagno. In cucina vi salutate come sempre, come al solito, con l’indifferenza tipica di chi si conosce da sempre. Apre il cassetto, prende l’apri bottiglia poi i tre calici, arriva al frigo e prende una bottiglia di bianco (lo sa, ne avete sempre almeno una in fresco). Versa da bere e chiama a squarciagola tua moglie che non la sente mentre canticchia beata in doccia. Si siede e si gira verso di te per iniziare a brindare ad una coglionata qualsiasi, anche ai peli del cane che rivestono la poltrona del salotto quando capita. E senza accorgersene, con una velocità sorprendente tu la acchiappi per i capelli, dietro la nuca, e la spingi con forza brutale verso di te che nel frattempo ti eri calato le braghe. Ha stretto gli occhi cercando il buio più buio che c’è, sino a farli lacrimare, ha serrato la bocca e schiacciato cosi forte mandibola e mascella da tagliarsi la lingua e scheggiarsi due denti. Voce, voce non gliene usciva, quella era già andata via in quella manciata di allucinanti secondi.
Tua moglie ha chiuso l’acqua e tu per un attimo hai mollato leggermente la presa, quell’attimo che le ha permesso di tirare su il ginocchio con una violenza che non pensava di possedere e sferrarti un colpo secco e micidiale in mezzo alle gambe.
Avresti voluto urlare, stronzo!
Si è alzata in piedi, si è piantata davanti a te, fredda come la lama di un kitano, ti ha guardato dritto negli occhi e ti ha sputato dritto in faccia. Con una calma degna delle più grandi tempeste si è diretta al bagno, ha aperto la porta e comunicato a quella dolcissima creatura che ti aveva regalato quindici anni prima che si sentiva poco bene e stava rientrando a casa. Il sorriso di tua moglie si è spento di delusione, l’ha abbracciata e lei è andata via.
Ha pianto tutte le lacrime che poteva piangere. Niente poteva farle immaginare una scena simile. Come si possono immaginare scene simili, dentro un casa che sentiva come la sua casa? Come poteva immaginare che una tale viltà, potessi farla tu? E soprattutto perché lei vittima, si sentiva colpevole? Perché lei, solo lei, provava vergogna!
Tu no, non provavi vergogna e neanche rimorso per quel gesto folle, da bestia feroce. Glielo hai dimostrato la mattina dopo quando l’hai chiamata per dirle di non fare la stronza, che non era il caso, che la stava facendo lunga per una storia di poco conto. D’altra parte non era successo niente e che lei ti aveva sfasciato i coglioni senza motivo.
Senza motivo? Ma era troppo scossa, il fiato le si bloccava in gola per poterti rispondere.
Hai aggiunto che avevi frainteso.
Cosa cazzo avevi frainteso? Cosa? Cosa cazzo avevi frainteso? Ma vaffanculo!
Ma era troppo scossa, il fiato le si bloccava in gola per poterti rispondere.
Alla fine davanti al suo silenzio, sei riuscito a dire finalmente la tua verità. – E non fare la santerellina, sei solo una TROIA, mica è il primo che vedi, te li devo contare?, dai su che lo sappiamo tutti. Sei ridicola! –
Ma era troppo scossa, il fiato le si bloccava in gola per poterti rispondere e i pensieri schiacciati sotto il peso di un dolore così profondo e incomprensibile che semplicemente come una ladra ha chiuso la comunicazione. Per risentirsi piena di vergogna, nonostante di vergogna lei non ne dovesse provare.
Me lo son chiesta perché sei così solidamente convinto che non sia successo nulla solo perché la consideri TROIA.
È una TROIA perché diversi uomini le hanno spezzato il cuore? È una TROIA perché non si è sposata? È una TROIA perché vive da sola? È una TROIA perché viaggia da sola? È una TROIA perché parla di qualsiasi cosa parliate voi maschi? È una TROIA perché quando va a votare non vota quello che le dice il maschio di riferimento, ma quello che decide il suo pensiero? È una TROIA perché è una persona libera?
L’hai uccisa!
Ha dovuto fare la stronza e farsi detestare da tua moglie per non rinnovare ogni volta quel dolore meschino. Ha perso la sua migliore amica, tre fantastici bambini che erano come nipoti. Non ti dico che ha perso un amico, perché tu, per lei non esisti. Ti ha cancellato dalla memoria e per farlo ha dovuto rinunciare a buona parte della sua infanzia e dell’adolescenza e di tanti altri momenti. Strappato via tutto, come se avesse dei buchi neri nella testa. Ma guardati sempre alle spalle, perché lei veglia discretamente sulla serenità delle tua famiglia e se fai un passo falso, ha promesso che ti annienterà.
È ingrassata a causa tua, molto. Adesso è quella che è, fa qualsiasi cosa per rendersi poco piacevole, la sua vita sociale è pari a zero. Da quel giorno non è mai più stata con un uomo. E sai qual è la cosa assurda? Quel senso di vergogna senza senso che le hai buttato nell’anima, se lo sente ancora schifosamente addosso. A sentire la tua voce lei ha pensato: – sei ridicola, sei solo una TROIA! »
In Italia non è ancora stata approvata una legge contro le molestie sessuali.
Risale al 2005 l’ultima indagine pubblicata dall’Istat su molestie e violenze sessuali: oltre la metà delle donne tra i 14 e i 59 anni ha subito almeno una molestia sessuale, un ricatto sessuale sul lavoro o una violenza, tentata o consumata, nel corso della vita (55,4 per cento).
È previsto qualcosa, ma davvero troppo poco, solo per chi è vittima di molestie sul luogo di lavoro, dove viene considerato atto discriminatorio come dice la direttiva 2006/54/CE che afferma:
-Le molestie e le molestie sessuali sono contrarie al principio della parità di trattamento fra uomini e donne e costituiscono forme di discriminazione fondate sul sesso ai fini della presente direttiva. (…) Queste forme di discriminazione dovrebbero pertanto essere vietate e soggette a sanzioni efficaci proporzionate e dissuasive-
Giornalista, editorialista, opinionista, turista, altrimenti non si spiega come possa collaborare da sempre con gruppi editoriali, festival letterari, teatri, istituzioni. A tempo perso ha imparato a fare l’ufficio stampa, la blogger, l’insegnante, la PR, l’organizzatrice, il mestolo di una grande pignatta in cui sobbollono tendenze di comunicazione, arte, moda, politica e antipolitica. Questa scrive, forse bene ma non di tutto, ed entra a far parte della redazione di SARDEGNAblogger perché se la sa tirare.
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