La storia si vede solo da fuori. Protagonisti, comprimari e comparse possono essere ingannati dalla presenza nello scorrere degli eventi. Ma esserci non equivale a capire. Per capire bisogna essere lontani. O meglio, per cercare di capire. È il lavoro degli storici, come è riassunto nell’espressione “ai posteri l’ardua sentenza”. Talmente abusata da aver quasi perso significato. Bisogna essere abbastanza fuori dai fatti per sperare di vederli tutti insieme e tentare di ricostruire la complicata catena di cause ed effetti. Certo non può sfuggire a nessuno che stiamo attraversando un momento che resterà scritto fra i più rilevanti della vicenda umana. Sotto qualche profilo perfino più grande delle guerre. Ci cambierà per sempre. E lo ricorderà chi ci sarà e forse lo capirà chi potrà studiarlo con dotazioni straordinarie. Per le epoche più lontane è necessario confidare in ricostruzioni più o meno attendibili provenienti da diverse scienze e con pochi documenti. Poi le fonti sono diventate sempre più ricche. Ma mai prima d’ora è accaduta una catastrofe (di cui ancora non conosciamo la fine) che abbia portato e porterà con sé una quantità così sterminata di informazioni. Il mondo nuovo era stato eretto sulle basi di principi che sono il nutrimento dei più alti valori universali. Le guerre mondiali, in specie la seconda, parevano destinate a negare quelle conquiste, all’origine della democrazia assisa sul patrimonio della civiltà classica, del pensiero filosofico e del diritto. Poi il Leviatano della politica è stato sostituito dall’apparente onnipotenza della conoscenza scientifica. Ma c’è un male che ha preceduto quello presente. La sovrabbondanza di informazione senza conoscenza. Questa ricchezza ha generato uno sterminato esercito di centinaia di milioni di persone che hanno ritenuto di poter fare a meno della fatica dello studio. Un immenso puzzle in cui ci sono tutti i pezzi ma quasi nessuno è in grado neppure di immaginare con metodo la composizione. Una seconda Babele ma al contrario, in cui tutto è uguale a tutto. In cui tutti credono di poter parlare con pieno diritto la stessa lingua anche senza sapere il significato delle singole parole. A volte neppure le più semplici. La specie si salverà ma l’uomo dovrà faticare per ritrovare la strada che lo riporterà al punto in cui si era perduto.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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