Nel 1983 l’esame di maturità iniziava il 1° luglio… Presentarsi all’esame a trentacinque anni, con compagni di 18/19 anni è una figata, sei la compagna “brava”, l’amica, la sorella..quasi la madre, un punto di riferimento che per tre anni non ha rappresentato un’invasione di campo, un’ingerenza, un condizionamento. Siamo uguali, la maggior parte degli insegnanti non si accorge dei sedici anni di differenza tra me e loro, ragazzi in gamba che diventeranno ottime persone! Il primo luglio è piena estate, e la scuola è proprio a cinquanta metri dallo Scogliolungo, la spiaggia storica di Porto Torres. Si vede l’Asinara, ancora carcere, e tutto il golfo, e noi siamo terribilmente bianchi, il primo luglio. Bianchi, pallidi, tesi, qualcuno col maldipancia, qualche altro con la nausea e qualche altro con le palpitazioni. La busta gialla con i titoli la porta un carabiniere, la commissione è tutta sull’attenti: c’è professor Campus, con i suoi baffoni alla Vittorio Emanuele, il presidente che viene dall’Azuni, c’è il commissario di Matematica, del politecnico di Torino, prof. Burrai di Italiano, di Bitti, che insegna a Ozieri, la commissaria di Francese, da Sassari, e i commissari interni, Idini e Acciaro per la sezione “A”, Masala e Corso per la sezione “B”. Primo titolo: «Dica il candidato cosa intende per “essere cittadino del proprio tempo”», poi un tema di letteratura su Leopardi, e altri due che ho proprio rimosso dalla memoria. Sei ore di tempo, utilizzate tutte. Alla fine sette pagine di protocollo fitte, ordinate, dove avevano trovato posto Albert Camus, Bertrand Russell, Luciano Lama, Enrico Berlinguer, il mio segretario. Bel tema, potevo essere soddisfatta, perché dopo la correzione telefona l’insegnante di storia e filosofia che mi dice. “Sai, Burrai ha fatto leggere il tuo compito a tutta la commissione, compresi quelli di Sassari (eravamo in tandem con lo “Spano”), credo che ti darà dieci. Azzz… sono gasata!! All’orale do Italiano, con Burrai, che un po’ temevo perché me lo avevano descritto come democristiano militante, che aveva studiato in seminario, un quasi prete, che mi chiede di commentare “l’infinito”. Recito a memoria con trasporto, commento, parlo del pessimismo storico, di quello cosmico, esalto Leopardi e allo stesso tempo lo stronco citando una recensione di uno psichiatra, di cui non ricordo il nome, che lo descriveva come un genio con qualche rotella fuori posto. Ma sempre immenso e “sempre caro mi fu…”. Infine una domanda sul Paradiso dantesco, che proprio non digerisco, e “la concezione aristotelica dell’universo”. Parlo, la bocca ormai completamente asciutta, chiedo di bere, riprendo: “Socrate nelle sue opere metteva…” mi interrompe: “Socrate”? “No” , dico, “Socrate, non ha mica scritto niente, le sue teorie, il suo pensiero, ci sono pervenuti grazie alle opere di Platone, i Dialoghi , l’Apologia di Socrate, critone” ..continuo a parlar di Platone con sicurezza. “Può andar bene, grazie”. Sono riuscita a evitare Dante e non è poco! La Lingua straniera è una passeggiata: mi ero letta quattro libri di Camus , “la peste”, “l’étranger”, “l’homme revolté” e “la chute”, tutti in francese. Sono andata bene…anzi parecchio, e al momento della firma del verbale Burrai mi fa la domanda di rito: «Cosa farà da grande»? E io seria: «La nonna!», sorride, non sa che tra il pubblico ci sono i miei tre figli.. Sessanta! (allora il voto si dava in sessantesimi)
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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