La recente scoperta dell’epistolario del patriota sassarese Louis Angiò getta nuova luce sulla figura di Giuseppe Mazzini, morto a Pisa il 10 marzo del 1872. L’Angiò fu infatti seguace dell’Apostolo del Risorgimento italiano sin dalle prime imprese e fu uno dei primi aderenti alla Giovine Italia. Dalle minute delle numerose lettere scritte dall’Angiò alla contessa Vantaggi di Via dei Corsi, si evince che il più grande cruccio del grande pensatore italiano fu quello di essere ritenuto “pindaccio” dai sassaresi. Angiò racconta con dovizia di particolari i trenta giorni della permanenza a Sassari di Mazzini, da quando vi arrivò proveniente da Lugano alla fine del 1871, sino alla sua partenza per Pisa all’inizio dell’anno successivo. Mazzini venne chiamato a Sassari dalla nutrita pattuglia dei repubblicani locali per dirimere la questione dell’Emiciclo Garibaldi, così chiamato nonostante la presenza di un busto dello stesso Mazzini. Al termine di una delle sue appassionate perorazioni nella sede del circolo repubblicano, Mazzini venne avvicinato da tale Umbertino C., che si spacciava per rivoluzionario ma era in realtà un agente provocatore della polizia sabauda. Umbertino C. chiese conto all’Apostolo, con apparente noncuranza, della sua irrinunciabile abitudine di vestire in nero. -Come mai, maestro? -Io metto il lutto per l’oppressione di cui è vittima la mia patria. -Stic…- commentò l’agente provocatore ficcandosi ostentatamente le mani in tasca e guardandosi intorno. Il Profeta dell’Unità d’Italia rimase perplesso. -Prego? -No, maestro, mi chiedevo quali fossero i profondi motivi di questo vostro spleen funereo, questo vostro citare continuamente Schiller nei suoi riferimenti a cimiteri, sepolcri, fantasmi e compagnia cantante. Mazzini sorrise amaro -E’ la mia naturale vocazione all’infelicità. -Azz…- ripeté la spia. -Prego? -Nulla, maestro, una fastidiosa prurigine . Mi chiedevo piuttosto delle sollevazioni che voi ancora giovane, promuoveste nel ’33: che effetto ebbero? -Caro amico, come ben sapete il Regno Sardo fu purtroppo percorso dagli arresti e dalle fucilazioni degli insorti. -E il vostro amico fraterno Jacopo Ruffini? -Suicida in galera. Che dolore fu per me. -Più per lui- mormorò il provocatore rivolto al capannello di repubblicani che si era intanto radunato intorno ai due. L’Apostolo cominciò ad avvertire una sensazione di disagio nel notare che alcuni degli astanti lo scrutavano in strano modo, come se lo vedessero per la prima volta in diversi panni; mentre il C. incalzava -E la spedizione di Ramorino in Savoia? -Un disastro che mi provocò la ben nota “tempesta di dubbi” che risolsi fondando la Giovine Europa. Il provocatore si rivolse agli spettatori con un movimento della mano che stava a intendere: “E così si allarga il casino”; per poi continuare -E ditemi, maestro, nel vostro esilio londinese come vi manteneste in opera? -Scrissi per un giornale repubblicano. -Ah, quello che subito dopo cessò le pubblicazioni? -Proprio quello- rispose esitante Mazzini sentendo sempre più crescere il disagio. -E arriviamo al ’44, la spedizione in Calabria di Attilio ed Emilio Bandiera… Mazzini lo interruppe deciso -Io quella spedizione la sconsigliai sin dall’inizio ai miei affiliati. -Appunto questo volevo sapere, maestro. Lei la sconsigliò, loro la fecero ugualmente e finì in un eccidio: nove fucilazioni, se non vado errato. -Che cosa vorrebbe significare? -Nulla, nulla… che avevate ragione voi a sconsigliarla – concesse la spia continuando ad affondare le mani nelle tasche e guardando significativamente gli astanti, alcuni dei quali osservavano ormai il Profeta con decisa preoccupazione. -E le insurrezioni di Val d’Intelvi? -Lo sapete bene: tutte fallite – rispose Mazzini, sempre più sospettoso. -Molti morti? -Molti. Però adesso… vedo che… purtroppo, un impegno al Circolo Sassarese… – tentò di fuggire l’Apostolo tirando fuori l’orologio dal taschino. Ma venne tradito dal carillon che proprio in quel momento sonò la Marcia Funebre di Chopin. -Maledetto apparecchio – bestemmiò Mazzini tentando di bloccare il meccanismo, mentre gli astanti si guardavano allarmati tra loro senza più neppure nascondere le ripetute toccate di oggetti ferrosi, dita allungate a corna e altri gesti più espliciti. -Fu una truffa – tentò di dire Mazzini, con un tragico sorriso, mostrando l’orologio – Me lo vendettero assicurandomi che il carillon suonava una gavotta e invece mi ritrovo con questo mortorio da jettatori. Ah, ah, non è certo roba per me, che sono spirito allegro. Credo che lo rivenderò. Era troppo tardi. Mazzini era caduto nella trappola della spia sabauda e l’opinione che i repubblicani sassaresi si formavano era ormai consolidata. -E la Repubblica Romana, maestro? Bella esperienza. Garibaldi, Anita… E voi nel triumvirato con Saffi e Armellini. Peccato per come andò a finire… -Maledetto! – imprecò tra sé Mazzini. Ma C. era implacabile -Una disfatta, una strage. Povero Garibaldi, persino la moglie perse nella fuga. Ah, che disdetta! -Già, ma ora mi accorgo che devo scappare perché… – E i martiri di Belfiore? Quanti impiccati, maestro? -Dieci- rispose Mazzini guardandolo con odio. -Mentre invece la spedizione di Pisacane tragicamente conclusasi a Sapri… Mazzini lo fermò con un cenno della mano -Io gradirei continuare questa conversazione ma purtroppo devo visitare… -Il cimitero, maestro? -No! Perché dovrei visitare il cimitero di una città dove non ho parenti? -Non vi offendete. Mi chiedevo, così… magari perché vi piace il posto. Ci sono del resto alcune pregevoli opere d’arte. -I cimiteri non mi interessano, mi ci reco raramente e di malavoglia solo se costretto, mi mettono tristezza, io sono uno spirito allegro e birbaccione. Anzi, la visita che devo fare adesso – e lì Mazzini si esibì in un pietoso sorrisino – è a una signora di cui per motivi di riservatezza… ah, ah! Si inchinò in un freddo saluto, voltò le spalle e si avviò verso la porta. Dove lo raggiunse il commiato della spia -Vada vada, maestro. E speriamo che questa signora si conservi a lungo in buona salute. Angiò e gli altri testimoni videro Mazzini arrestarsi, le spalle caddero, la testa si chinò e senza voltarsi uscì a passo lento in preda alla feroce desolazione che lo accompagnò nei pochi mesi che gli restavano da vivere dopo la sua subitanea fuga da Sassari.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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