Chissà cosa pensava Umberto Terracini (a proposito, oggi ricorre l’anniversario della sua morte avvenuta il 6 dicembre 1983) in qualità di Presidente dell’assemblea Costituente italiana quando si arrivò all’articolo 53 della nostra carta costituzionale che testualmente recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita’ contributiva”. E’ un articolo che mi è sempre piaciuto perché parte da un presupposto semplice, chiaro e, soprattutto, equo: chi molto guadagna molto contribuisce. Talmente ovvio che poco capisco le polemiche di questi giorni intorno alla possibilità di sistemare le aliquote fiscali (cosa complicatissima e di difficile comprensione). Lo dico da un punto di vista che potrebbe apparire vantaggioso: nel senso che la mia aliquota è abbastanza alta, ovviamente commisurata al mio guadagno. Mi dispiace, davvero, che a difendere la parte benestante sia una parte che dovrebbe essere “a sinistra” ma che, evidentemente non lo è (o non lo è mai stata). A quanto pare i deputati di Italia Viva, il partito di Renzi, non sono d’accordo sulla possibilità ventilata dal premier Mario Draghi (sempre più statista e sempre più iconograficamente di sinistra) che chiedeva un contributo di pochi euro (meno di trecento annuali) per chi guadagna oltre 75.000 euro lordi (non è la mia cifra, ma speravo che Draghi l’abbassasse); il contributo sarebbe servito a congelare il caro tariffa delle bollette del gas e della luce. Invece si sono alzate le barricate e qualcuno ha urlato, da destra, la parolaccia terribile: “patrimoniale”. Parrebbe che i soldi si prenderanno “a credito” e quindi a debito delle prossime generazioni alla faccia dei poveri giovani. Qualcuno obbietterà che dovrebbero essere recuperati da chi evade le tasse ma questo è un altro discorso. Serviva il gesto e non c’è stato. Caro e grandissimo Umberto Terracini, quel bellissimo articolo 53 della costituzione è stato, ancora una volta, brillantemente ignorato. Questi siamo: popolo senza orizzonti.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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