Ai miei tempi le ragazze non la davano facilmente nonostante ci vantassimo di far parte di una generazione aperta e libera rispetto a quella precedente. Eravamo così impegnati a dover fare la rivoluzione che il fatto si dovesse andare oltre la classica “pomiciata” era considerato un problema da analizzare dopo la vittoria e il sol dell’avvenire. Chiaramente non era vero. Però le ragazze erano refrattarie a darla nonostante si vestissero da libertarie e propagandassero l’amore libero. A quel punto, un giorno, ci fu la nascita del movimento fondato da Sandro Giacobbe. Probabilmente di questo movimento (non politico eh) non ne avrete mai sentito parlare e sicuramente non conoscete Sandro Giacobbe ma per quelli della mia generazione “Signora mia” e “Gli occhi verdi di tua madre” hanno rappresentato la linea di demarcazione generazionale, la possibilità di buttarsi all’interno di un mondo già ampiamente visitato da altri: le signore che l’avevano data e che erano disposte a darla a noi, ragazzi giovani e non bromurizzati. Oggi, “Gli occhi verdi di tua madre” si chiamerebbero “Milf” ma ai nostri tempi erano comunque un’opportunità e strade da percorrere: donne sposate che non si capisce per quale motivo fossero disposte a subentrare alle ragazzine che se la tenevano stretta. A dire il vero quando ascoltai il 45 giri a casa del mio amico Gianni non mi fece una grande impressione e quando lui disse, con enfasi, che la soluzione era pensare agli occhi verdi delle madri io ebbi come un fremito e risposi subito: “Gianni, tua madre ha gli occhi scuri” , giusto per mantenere le distanze da una signora che poteva competere solo come bravissima cuoca e ottima pasticciera. Nulla di più. Eppure il movimento Sandro Giacobbe ebbe presa con qualcuno dei nostri conoscenti che anziché farsi le seghe pensando a quelle del primo banco (le più carine, le più cretine) se le faceva pensando alla professoressa di matematica o alla mamma di una certa Riccarda vista in fila durante gli ultimi colloqui. Fu così che Mimmo si innamorò di Caterina, la bidella del quarto piano. Niente occhi verdi ma un seno esagerato, sorriso malizioso e bravissima nel compilare cruciverba sempre con la gomma da masticare in bocca. Non era una bellezza ma aveva un suo perché. Questo Mimmo diceva e questo Mimmo sosteneva: se Sandro Giacobbe ci aveva scritto ben due canzoni sulle milf, qualcosa di vero ci doveva pur essere. Scoprimmo, dopo qualche settimana, che le fasi di approccio di Mimmo erano a buon punto e la dolce Caterina le sorrideva tra un cruciverba ed un altro. “Vuoi vedere che gliela da?” si diceva alla ricreazione e Mimmo passava per quello forte, emancipato, rivoluzionario mentre noi a provare e riprovare con quelle del secondo banco (comunque carine e comunque cretine) senza ottenere nessun risultato. Poi, dopo due settimane l’annuncio ufficiale: “Me l’ha data!” disse Mimmo a pochissimi intimi durante l’ora di religione. “Minchia”, rispose Vicenzino e si capiva subito che voleva conoscere tutti i dettagli. “Cazzo”, aggiunse Gelsomino con una punta di rabbia ripensando alle seghe in onore della professoressa di filosofia. Solo io non dissi nulla. Anzi, ero piuttosto scettico anche perché, a dire il vero, Sandro Giacobbe mi stava pesantemente sulle balle. Mimmo disse e non disse, raccontò e non raccontò, ammise e non ammise però questa sua avventura con la bidella lo portò ben presto ad essere invidiato e guardato con una certa attenzione da Marialuisa, quella del terzo banco (abbastanza carina e abbastanza cretina). Passò un’altra settimana e si scoprì che il buon Mimmo se la faceva proprio con Marialuisa e dalle notizie ufficiose si scoprì che, insomma, l’abbastanza carina gliela aveva data. Chiesi, a questo punto perché avesse cambiato idea e abbandonato la bidella. Mimmo mi guardò e rispose: “Questione di strategia. Mica con la bidella ci ho provato. Però facendo capire che me l’aveva data ha fatto scattare una sorta di competizione tra le ragazze e sono riuscito a farmi Marialuisa, obiettivo da sempre sognato”. Ho capito che la mia generazione non aveva le idee chiare su molte cose ma alcune strategie erano decisamente apprezzabili. Io, come sempre aspettavo il sol dell’avvenire e qualcuna che me la desse mentre eravamo “accoccolati ad ascoltare il mare”. Strategicamente sono rimasto una frana, però Sandro Giacobbe non mi è mai piaciuto. Neppure quando scrisse “Signora addio”. Non aveva strategia.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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