Non proseguite oltre. Non leggete oltre, se non siete pronti a comprendere che il mondo non è quello che vi hanno fatto credere fino ad ora, e se non siete pronti ad accettare che il mondo che è realmente, potrebbe anche non piacervi.
Perché quella violenza gratuita? Cosa può portare degli esseri umani ad uccidere, persino fuori dal teatro di guerra, altri esseri umani inermi?
L’assassinio efferato di giornalisti e poliziotti, a Parigi, da parte di fanatici islamici, ricorda, nelle modalità, i più brutali omicidi di mafia, oppure quelli che sconvolsero l’Europa degli anni ’70, ad opera dei terroristi rossi e neri. Ma lì i motivi erano chiari.
Qui la logica sfugge. Queste terribili uccisioni ricordano quelle per frustrazione tipiche di società ultra competitive, dove ogni tanto qualcuno dà di matto e fa una strage.
Chi si è letto due righe di storia in vita sua conosce la tradizione di tolleranza del mondo islamico, ben superiore a quella del mondo cristiano. I mussulmani non hanno mai perseguitato gli ebrei e ci vivevano in pace. Fino al pasticcio palestinese, ovviamente.
Ora sembra però che opinionisti e osservatori, per la maggior parte, si siano imputati sulla spiegazione più semplice e anche intollerante e razzista, in sintonia con gran parte della vulgata popolare occidentale. La spiegazione comoda del “qui e ora”. I mussulmani sono fanatici e basta.
In realtà, questa visione delle cose, purtroppo, non aiuta e non porterà a nulla di buono, fatta eccezione per coloro che, giornalisti, opinionisti e soprattutto politici, ne avranno un vantaggio immediato.
Da oltre 1500 anni cristiani e mussulmani competono tra loro, a volte crudelmente, spesso massacrandosi tra loro, altre volte, invece, liberamente commerciando e scambiandosi saperi che hanno reso prosperi gli uni e gli altri.
Ma nell’ultimo secolo il mondo cristiano è diventato, sul piano militare, nettamente più forte del mondo islamico e ha cominciato a prevalere, non consentendo più, ai rivali di sempre, di poter combattere ad armi pari, spada contro scimitarra.
Verso la fine degli anni ’50 l’Algeria decise per l’indipendenza dalla Francia. Si era in pieno periodo di liberalizzazione delle colonie. Ma la Francia, vuoi per i coloni francesi ivi insediati, vuoi per il petrolio, scatenò una delle più brutali e sporche guerre del secolo. La guerra durò oltre gli anni ’60, provocando, soprattutto tra i civili algerini, 300 – 400 mila morti, secondo le stime francesi, un milione e mezzo secondo le stime algerine. Una rivoluzione di popolo che i francesi tentarono di stroncare con ogni mezzo, arrivando persino ad utilizzare la tortura, che dopo il nazismo era stata bandita da tutti gli accordi internazionali.
Gli algerini collaborazionisti furono sottoposti, dai “cristiani” francesi, ad atroci torture, tra cui è restata impressa nella memoria quella operata attraverso l’uso della corrente elettrica, con elettrodi applicati nei capezzoli, nella lingua, nei genitali.
Erano tempi duri quelli. Pochi anni dopo, in un posto islamico molto lontano, in Indonesia, un governo democratico, ma troppo vicino ai comunisti vietnamiti, veniva rovesciato grazie all’aiuto di inglesi e americani. Gli inglesi fornirono le armi ad uno spietato dittatore che uccise più di un milione di persone.
Ma erano altri tempi, c’era la paura del comunismo, si faceva la real politik.
Poi arrivarono gli anni ’70 e, con un colpo a sorpresa, le ex colonie islamiche, organizzate, iniziarono ad alzare il prezzo del petrolio, provocando una crisi economica in tutto l’Occidente. Il cosiddetto imperialismo occidentale ne ebbe uno scossone piuttosto forte, ma andò avanti con i soliti metodi: rovesciare governi democratici e instaurare dittature amiche, fino a che queste non diventavano troppo ingombranti. Allora venivano rovesciate anche quelle con un pretesto.
Ma queste manovre di real politik, gestite sempre più dalle potenti multinazionali che dai governi, avevano un costo di vite umane elevate.
E questo andazzo è perdurato fino ad oggi, passando per il crollo del comunismo, che ha tolto qualche giustificazione pretestuosa all’Occidente in guerra.
L’Occidente ricco, per un pretesto o per un altro, ha dunque proseguito ad invadere nazioni e altri popoli. L’impressione è che, tutto sommato, in un epoca di democrazia in cui occorre tener conto anche dell’opinione pubblica, il terrorismo è risultato funzionale a questo sistema.
Dopo l’attentato dell’11 settembre del 2001 alle Torri Gemelle, è ripartita con notevole veemenza la politica bellica dei paesi occidentali nei confronti di paesi che erano mussulmani e si trovavano in zone petrolifere, con le note guerre scatenate contro l’Afghanistan e l’Iraq.
Ma l’attentato fu opera soprattutto di terroristi arabi, che c’entrano l’Afghanistan e l’Iraq?
Pensate come è facile manipolare l’opinione pubblica. L’Arabia Saudita, alleato dell’Occidente, è il paese più fondamentalista del mondo. E’ il luogo dove alle donne è persino vietato di guidare.
Viceversa, l’Iraq e l’Afghanistan erano paesi tutto sommato laici, dove le ragazze, per usare un metro facile di paragone, uscivano in minigonna, come si vede in una famosa foto dell’Afghanistan degli anni ’70.
Ma fu fatto di più. Gli inglesi si inventarono, con documenti che si dimostrarono falsi, le patacche della armi chimiche di Saddam Hussein.
In Iraq i morti ammontano a oltre un milione e duecentomila dopo 12 anni ininterrotti di guerra; senza contare quelli indiretti, pare diversi milioni causati, specie nelle fasce infantili, per denutrizione e malattie.
Ma almeno si sarà dato un governo democratico a quei paesi dove l’Occidente è intervenuto con le armi? In Iraq, in Afghanistan, in Libia?
No, si tratta di paesi in cui oggi vige il caos, paesi devastati dalla guerra.
Devastati.
Per non parlare dell’infinita vicenda palestinese. Una storia che, per il mondo mussulmano, rappresenta un trauma difficile da superare. Per il mondo mussulmano e anche per molti non del tutto accecati dai mass media occidentali che hanno visto recentemente un esercito di uno stato “democratico” massacrare impunemente civili, donne e bambini indifesi, chiusi come topi in trappola.
A che pro creare questa instabilità, questa violenza, questa confusione?
Logico che la strategia della “guerra totale” non sta portando a nulla di buono.
Non occorre molta immaginazione per capire che, dietro questi fatti, vi sono gli affari e l’espropriazione delle risorse. Una politica coloniale, insomma, condotta con altri mezzi.
Sono del parere che vi sia un nesso causale tra tutto questo e gli ultimi tragici fatti. L’offesa blasfema penso che sia stato solo il motivo scatenante, ma che l’odio, viscerale, si sia formato in questo clima guasto e nefasto.
Tuttavia è lecito domandarsi fino a che punto, noi che siamo popolo inerme, dobbiamo lasciare il mondo nelle mani di questi sporchi giochi di affare e di potere.
Mentre siamo seduti comodamente nelle poltrone delle nostre case riscaldate, altrove i nostri eserciti, le braccia e le mani del nostro corpo caldo, stanno schiacciando, con i loro scarponi e con i loro cingolati, le speranze di vita di altra gente che nulla ci ha fatto, a noi. E quelle ingiurie ne scatenano altre, come una reazione a catena, finendo per tornare indietro e turbare la nostra serenità.
Penso che sia il momento per tutti, cristiani, ebrei e mussulmani, di isolare i criminali e i pazzi fanatici che uccidono persone innocenti. Per il bene di tutti.
Penso che sia giunto il momento di sfanculare gli sciacalli delle disgrazie, coloro che con le morti cercano voti, consenso, visibilità, e così non fanno altro che peggiorare una situazione dove odio e diffidenza non possono che fare danni.
Penso che sia giunto il momento di curare le ferite di chi ha sofferto, e di dialogare con tutte le persone di buona volontà, senza la convinzione, che è sempre stupida e sbagliata, di essere migliori.
Penso che sia giunto il momento, per tutti, di uscire dalla prigione del “qui ed ora”. Iniziare ad andare oltre questo deserto dove le parole scorrono lente e confuse, e vivere con più filosofia, ragionando in pace.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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