Vorrei provare a raccontarvela semplice anche perché in burocratese e con ingarbugliamenti giuridici vari diventa praticamente impossibile. Stiamo parlando delle privatizzazioni, materia molto ostica per i non addetti ai lavori e, a quanto pare, di difficile lettura anche per i laureati stradali del popolo di facebook: nessun post e nessun commento su questa strana storia. Forse perché non siamo preparati ed è più semplice discutere di abbassare gli stipendi agli onorevoli. Ma seguitemi per un attimo, vi prometto che questa vicenda ha dei contorni del vero e proprio giallo dove scopriremo che a perderci sono gli italiani.
Erano gli anni del neo liberismo, delle famose – a quei tempi – privatizzazioni e della vendita di qualche “gioiello di famiglia” per fare cassa. Se ne uscì fuori con una parola nuova “cartolarizzazione” che, detta così sembra essere materia per chi vende penne e libri. Nacque – sempre a quei tempi – il fondo immobile pubblico (FIP) che avrebbe dovuto sfruttare economicamente alcuni importanti beni pubblici. Capisco che stiamo entrando nel difficile ma, vi prego, continuate a leggere e per rendere tutto più semplice vi farò un esempio che ha illuminato me, completamente ignorante in materia. Lo Stato era beneficiario di un immobile che decide di vendere attraverso il FIP e la cartolarizzazione (lo ha fatto, per intenderci il Ministro Tremonti). Lo acquista un privato ma è costretto – il povero privato – ad affittarlo per venticinque anni allo Stato che glielo ha appena venduto, in cambio, oltre a pagare l’affitto lo Stato – il povero Stato – dovrà occuparsi delle varie ristrutturazioni e provvedere anche all’acquisto di ciò che negli anni si usura. Per spiegarci meglio: io avevo una casa, la vendo ad un altro signore al quale, per 25 anni pagherò un affitto, dovrò ristrutturare a mie spese quello che era una volta il mio appartamento e se si dovesse guastare il boiler o un rubinetto per usura dovrò pagarlo sempre io. Alzate la mano se avete capito lo strano gioco. Facciamola più facile: io Stato vendo l’immobile attraverso il FIP, poniamo a centomila euro. Rimango obbligatoriamente nell’immobile per venticinque anni e pago un affitto di cinquemila euro all’anno e aggiungo per le spese di ordinaria amministrazione mille euro l’anno. Poi, però, alla scadenza dei venticinque anni dovrò lasciare quell’immobile al legittimo proprietario. Il risultato è semplice: lo Stato ha incassato centomila euro subito (come si usa dire in gergo: ha fatto cassa) e ha pagato per quei centomila euro centoncinquantamila per l’affitto restituendo l’immobile integro e funzionante al nuovo proprietario che lo affitterà senza doverci spendere neppure un euro, mentre lo Stato dovrà cercarsi un altro ufficio e pagare un affitto molto più oneroso. Provate a pensare che di queste “cartolarizzazioni” ce ne siano state molte. Poniamo che lo stato abbia incassato i famosi diciotto miliardi che intende acquisire anche oggi con le famose privatizzazioni: fra venticinque anni (se dovessimo continuare a vendere immobili e rimanerci in affitto come uffici pubblici) la cassa ci è costata circa ventitré miliardi. Direte: ma se ne parla tra venticinque anni. Quello che ha venduto il governo Berlusconi cominciamo a pagarlo oggi. Si obbietterà: ma lo hanno fatto tutti e lo facciamo anche noi. Benissimo, è una scelta politica che può non piacere ma è una scelta. Mi chiedo: dove abita di casa il famoso cambiamento?
Giampaolo Cassitta ©patamu.com
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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