A decine di migliaia gli esuli dell’esplosiva situazione in Asia e nell’Africa sub sahariana premono ai confini dell’Europa. Con l’autunno, il fronte sud (Malta, il Canale di Sicilia, la Grecia) si è raffreddato e l’assalto al sogno europeo si è spostato sulla rotta dei Balcani. Flussi stagionali di vittime di terribili patimenti che nascono da guerre, odi religiosi e razziali, fame, economie sul lastrico tra sanzioni, frontiere chiuse e mancanza di infrastrutture. Non ultima tra le motivazioni di questo esodo, la speranza di trovare in Europa non solo più tranquillità ma anche un lavoro e una realizzazione, magari anche una famiglia. Quello che abbiamo visto sino a oggi è solo un piccolo assaggio. Sulla geopolitica mondiale già pesano i cambiamenti climatici che si sono fatti sempre più veloci. Mentre in Italia e Francia piangiamo per le piogge tropicali (con danni e vittime) che si abbattono sul Mediterraneo, in Africa sta maturando un disastro di dimensioni colossali. Il lago Ciad, nella regione del Sahel tra le frontiere di Ciad, Camerun, Nigeria e Niger sta scomparendo. In 50 anni, a causa dell’uso dissennato delle acque e dei cambiamenti climatici, si è ridotto a un decimo. E il declino continua mentre i 30 milioni di abitanti che vivono grazie alle acque del lago ne consumano le risorse senza porsi molti problemi mentre il deserto avanza come un incendio fuori controllo. Entro una decina di anni il lago Ciad potrebbe scomparire, rendendo impossibile la coltivazione di milioni di ettari che danno il sostentamento a decine di milioni di persone. A quel punto non resterebbe che la fuga attraverso il Sahara verso il Mediterraneo. I primi profughi di questo disastro ambientale sono già arrivati in Europa sospinti da guerre e scontri etnici, prodromi di una gigantesca e inevitabile catastrofe umanitaria legata alla morte del lago .Fermare l’agonia del lago Ciad è quindi una priorità nel segno della politica “aiutiamoli a casa loro”. Di questo si è parlato a Expo 2015 (che ha proprio come tema nutrire il pianeta) con esperti del Cnr e Romano Prodi. Altri profughi presto arriveranno dai paesi che rischiano di finire sommersi dall’innalzamento degli oceani. Entro un secolo il livello medio dovrebbe crescere di un metro. Più di 150 milioni di persone, principalmente in Asia, vivono in zone situate a meno di un metro dall’attuale livello delle acque. Negli Stati Uniti, in particolare la Florida risentirà di questi eventi e alcune megalopoli come Dacca in Bangladesh, Singapore e Tokyo saranno gravemente toccate per non parlare di moltissimi atolli nel Pacifico (alcuni densamente popolati come le isole Kiribati) che sono già quasi sott’acqua. Secondo gli esperti, all’innalzamento del livello dei mari cresciuti di 8 centimetri in pochi anni hanno contribuito in egual misura l’espansione degli oceani sempre più caldi, lo scioglimento delle calotte della Groenlandia e dell’Antartide e lo scioglimento dei ghiacciai montani. Il destino delle calotte polari appare il più incerto, ed è quello maggiormente in grado velocizzare l’aumento del livello del mare. A rischio ci sono 150 milioni di persone che nel mondo, soprattutto in Asia, vivono in aree costiere ‘basse’, a non più di un metro sopra il livello del mare, e che potrebbero essere costrette ad abbandonare le proprie case. Persino in Sardegna ampie zone costiere orlate da meravigliose spiagge rischiano di scomparire nell’Oristanese e nella bassa Gallura. L’epicentro dell’emergenza umanitaria indotta dal clima resta per il momento la fascia del Shael, il Sudan e l’Etiopia già alle prese di cicliche carestie. “Fermare l’agonia del lago Ciad avvalendosi delle più avanzate conoscenze scientifiche e tecnologiche – spiega Luigi Nicolais, presidente del Cnr – è cruciale per garantire un futuro di pace a un’area particolarmente delicata del mondo”. “Occorre intervenire – ha aggiunto Nicolais – sui fattori di fragilità di questo delicato e complesso ecosistema. La progressiva desertificazione, la perdita costante e progressiva di acqua e cibo rendono inospitale l’intera area, favorendo il radicalizzarsi dei conflitti e dei fondamentalismi concause delle attuali grandi ondate migratorie”. Ma nello scenario a tempo più lungo si prepara un’apocalisse: con gli aumenti medi di temperatura registrati in questi decenni, tra 50 anni la febbre del pianeta sarà salita di 4-6 gradi. Le aree siccitose coprono oltre il 41% della superficie terrestre e ospitano circa 2 miliardi di persone. Da siccitoso a desertico il passo è breve e centinaia di milioni di persone potrebbero dover fuggire dalla loro terra. Lo scenario potrebbe essere anche drammaticamente accelerato dal boom demografico. Il 72% delle terre aride ricadono in paesi in via di sviluppo, dunque la correlazione povertà-aridità appare abbastanza chiara ed è facile capire per chi sta per suonare la campana. In Italia, gli ultimi rapporti ci dicono che circa il 21% del territorio nazionale è a rischio desertificazione e circa il 41% di questo territorio si trova nel Sud. Sono numeri impressionanti che raccontano di un problema sempre più drammatico ma di cui si parla pochissimo. In Sicilia le aree affette, cioè che potrebbero essere interessate da desertificazione sono addirittura il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%. Tornando a livello nazionale, il 32,5% del territorio è ad alto rischio di desertificazione, il 20% ha sensibilità bassa, mente solo il 6% non è sensibile a questo problema. In ultima analisi, i figli dei nostri figli potrebbero già trovarsi fra 30/40 anni alle prese a casa propria con quei “problemi lontani” che già oggi riempiono le nostre strade di giovani di colore istruiti e vestiti dignitosamente e che chiedono “dammi 50 centesimi babbo”.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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