Avete mai letto una favola al contrario? Una di quelle favole dove Cappuccetto Rosso in realtà è un terribile cacciatore di lupi, dove Biancaneve è una furba velina cacciatrice di doti e di principi e Hansel e Gretel giovinastri degni di apparire nel film “arancia meccanica”?Ecco, le favole al contrario esistono. Sono quelle storie che nessuno ama raccontare non perché non siano belle ma perché, nell’immaginario collettivo, non sono credibili. Siamo abituati a vivere per paradigmi costruiti negli anni; le leggende sono i nostri miti: il principe era sempre azzurro, i buoni vincevano sempre e i cattivi stavano tutti dalla parte sbagliata che, chiaramente, non era la nostra. Non è contemplato nelle favole stare dalla parte del torto. Voglio invece raccontarvi una storia, forse una favola, partendo dalla parte di chi ha sbagliato, ha commesso una serie di errori considerati dalla comunità dei reati e, giustamente, puniti con la reclusione, con il carcere. Una favola nera. Che parte da un luogo quasi inesistente, un altrove che pochi conoscono. Quel luogo si trova in Sardegna: si chiama Mamone. Un carcere dove i detenuti sono liberi, possono lavorare nei campi, occuparsi della potatura delle piante di olivo. Un carcere a colori ma pur sempre un carcere. Dove capita, per esempio, che gli operatori decidano di esprimere parere favorevole per la concessione di un permesso premio su un detenuto straniero e il Magistrato di Sorveglianza accolga la proposta. Questa, chiaramente non è la favola, ma è la realtà quasi quotidiana di molti istituti italiani dove i detenuti che fruiscono di permesso premio sono anche stranieri, senza famiglia, senza casa, senza un orizzonte chiaro e definito davanti agli occhi. Uomini che, realisticamente, possono decidere di non ritornare in un luogo sconosciuto e indecifrabile come Mamone. Mohamed, egiziano, ottiene il sospirato permesso premio da trascorrere ad Alghero, la riviera del corallo. Mohamed arriva, firma dai carabinieri e cammina per recarsi alla casa famiglia della Caritas. Coltiva pensieri intensi, dedicati alla sua famiglia, al suo prossimo ritorno a casa. Poi, per caso, sul marciapiede di Via Lo Frasso, nel centro di Alghero, scorge qualcosa di strano tra le grigie mattonelle. Una borsetta. Dove ci può essere di tutto all’interno. La logica, a questo punto, suggerirebbe che il nostro detenuto infili le mani nella borsetta alla ricerca di qualcosa di valore. Lui, in fondo, nelle nostre favole è il cattivo, colui che si è macchiato di reati e, per dirla in maniera infantile, è “il monello”. E i monelli non possono sbagliare. Nella favole rimangono cattivi. Ma non in quelle che si leggono al contrario. Mohamed raccoglie la borsa e aspetta che il legittimo proprietario ritorni sul luogo. E’ pronto per restituirla. Passano i minuti ma nessuno chiede niente. Mohamed e la borsa rimangono soli dentro gli attimi che non passano. Poi, ferma un passante, dice di aver trovato la borsa, che occorre conoscere il legittimo proprietario. La signora sarà contattata e la borsa verrà restituita. Non manca nulla. Assolutamente nulla. La signora ringrazia quel ragazzo in permesso premio, un detenuto: gli mancavano pochi mesi e con pochi spiccioli poteva prendere una nave e fuggire lontano. Bastava poco per concludere questa favola in maniera classica: Mohamed che ruba la borsa, Mohamed che fugge, la signora che piange e la polizia che insegue il cattivo. Titoli cubitali sui giornali per l’arresto del monello. Ed invece Mohamed decide di cambiare le regole del gioco e di distruggere le favole canoniche e raccontare una favola al contrario. Mi chiedo e vi chiedo: e quel gioco sottile che racconta favole strane dove gli extracomunitari, i detenuti, sono cattivi per forza? Anche di questo, di tanto in tanto dovremmo discutere. Le favole non hanno mai la stessa morale. Sarebbe troppo semplice e troppo scontato.E a qualcuno, dalle parti della politica, queste favole non piacciono.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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