Colored houses in venetian city Burano, Italy
Ho pensato in questi giorni che la terra ha bisogno di respirare. Il mare ha necessità di agitarsi. Il cielo vuole utilizzare tutti i polmoni per spazzare via quel vuoto pneumatico che ci ha contagiato. Seriamente. Poi capisco che parlare di polmoni in questi giorni è doloroso, è un calvario dove tutti ci fermiamo per provare a capire, provare a guardarci intorno e riuscire a riflettere. Seriamente. Abbiamo deriso per anni chi ci diceva che in qualche modo ci si doveva fermare, che l’asticella aveva superato qualsiasi limite. Non lo abbiamo fatto, impegnati come eravamo a sorridere in un futuro tutto da abbracciare. Non siamo riusciti a fotografare tutta la bellezza che ci girava intorno e ci siamo incarogniti a modificare ciò che rappresentava il brutto passato. In questi giorni di corona virus quando rientro a casa, dopo il lavoro, guardo qualche serie televisiva. Lo facciamo tutti. Ecco: nello scegliere prediligo sempre quelle storie anni trenta o comunque dall’anima retrò. Le auto, le vecchie auto, sono disegnate con un’attenzione quasi maniacale per i particolari che quasi commuovono. Quel legno nei vecchi uffici, quegli archivi bellissimi e quelle macchine da scrivere Remington con odore di inchiostro e il rumore delle parole che camminano tra i tasti. Per il mio ultimo compleanno ho ricevuto come regalo una portatile Olivetti lettera 32 verdolina, ovviamente usata, identica a quella che possedevo e che, stupidamente, ho prima dimenticato in qualche garage e poi buttato chissà dove. Quella macchina per scrivere è stata compagna di un bel pezzo della mia vita. Ci ho scritto le mie prime buffe e cretine poesie, i primi curiosi racconti e qualche canzone che fin dalle prime battute d’inchiostro si capiva che sarebbe stata stonata e poco adatta al pubblico. Ho sorriso sfiorando qui tasti durissimi dove scrivere pareva quasi andare a zappare, rispetto al tocco celestiale del mio Mac Book air. E ho quasi pianto al ricordo del mio primo giradischi, quello di Selezione, quello che con una barra al centro permetteva di mettere dieci 45 giri uno sopra l’altro per poi effettuare la selezione. Ho sorriso nel ricordare come fosse odioso cambiare il nastro alla Olivetti lettera 32 e a come ci si sporcava e come era incredibile dover correggere con il “bianchetto” o, più semplicemente, barrando e riscrivendo. Quanto era vero quel piccolo mondo. Guardando la fiction ambientata negli anni venti e osservando il poliziotto che batteva i tasti su una vecchia Remington mi sono chiesto: ma dove abita la felicità? Nelle piccole cose. Negli abbracci che non possiamo più darci, in una birra tra amici, in un foglio che finiva dentro il rullo della lettera 32 che attendeva poco silenziosamente i miei pensieri. Buonanotte abbracciatori. Per voi, direttamente dalle mie Airpods vi regalo “Another brick in the wall”. Però chiudo gli occhi e mi sembra di riascoltare i Pink con le mei giganti cuffie Piooner nere, collegate con lo spinottone al Teac acquistato con il mio primo lavoro in costa smeralda. Restate a casa vi prego e guardatevi intorno. Ci sono molte cose che parlano di voi. E di noi. E della bellezza.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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