Un giorno, in Sardegna, ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che produciamo armi, precisamente bombe, in quel di Domusnovas. Precisiamo, ci sono armi e armi: quelle destinate alle forze dell’ordine, oppure stock che vanno a costituire l’armamentario difensivo di un paese. Ma queste no: a quanto pare sono proprio bombe di quelle usate ora, in guerra, in una sporca guerra dove l’Arabia Saudita bombarda lo Yemen. Una guerra che sta provocando migliaia di morti, dove un paese ricco, l’Arabia, distrugge un paese povero, lo Yemen. Il paese ricco, guarda caso, è un nostro alleato. E per nostro intendo dell’occidente in genere, e quindi della sua alleanza strategica, la Nato. Ci sono, dentro questa guerra, tutte le contraddizioni del nostro sporco mondo: l’Arabia è governata, infatti, da musulmani Sunniti dell’ala fondamentalista, la stessa che alimenta il terrorismo. Un giorno, in Sardegna, ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che, tramite una multinazionale tedesca, vendiamo armi ad un paese fondamentalista, “nostro” alleato, che le usa per bombardare un paese povero. Questa cosa non ci piace. Indirettamente, partecipiamo alla morte di migliaia di persone. E lo facciamo perché duecento buste paga, in un periodo di crisi e di scarsità di lavoro, non sono poche. Pochi giorni fa, nei nostri poligoni, sono state sparate, in una grande esercitazione della Nato, la Trident Juncture, una quantità enorme di bombe e munizioni di vario genere. Abbiamo scoperto, con molta amarezza, che non siamo solo vittime, che le bombe non le riceviamo solamente, ma le produciamo anche. Più volte ho scritto di questo sentiero storico che la Sardegna pare aver imbroccato: dopo il consumo delle sue materie prime, le pianure, i boschi, le miniere, dopo lo sfruttamento di tipo monocolturale, la successiva fase di questa emarginazione progressiva nella periferia è quella dell’occupazione del territorio con gli “ingombri” provenienti dal centro, fino alla trasformazione in discarica. Però questa mi mancava. Oggi, il nostro sporco mondo, dove le contraddizioni si inseguono senza soluzione, ha necessità di nascondere la polvere sotto il tappeto, di occultare gli affari che lo porrebbero di fronte ad una realtà scabrosa. Certe cose si devono fare, nel nostro sporco mondo, ma non si devono sapere, e vedere. Cuore non duole, se ammazziamo un po’ di gente lontana da noi con le nostre armi. Questo precedente, della fabbrica sarda di bombe, mi fa temere, in futuro, che la Sardegna, sotto il giogo del ricatto dei posti di lavoro, si ritroverà a fungere da “discarica etica”, cioè a produrre e sperimentare quella tecnologia che non è opportuno e pudico mostrare. La discarica etica è la nuova frontiera sulla quale, noi sardi, ci dovremo confrontare. Non solo la tutela dell’ambiente e della nostra salute, ma anche la tutela della nostra integrità morale. E tuttavia va detto che, in questo sporco mondo, dove le contraddizioni si inseguono, non è corretto mostrarci sempre e solo dalla parte delle vittime. Non solo perché produciamo bombe che ammazzano la gente, ma anche perché, tra una protesta ed un’altra, non sappiamo rinunciare ad uno stile di vita che alimenta il motore della distruzione, della guerra e del terrore. In questa gigantesca macchina occidentale produttrice di ipocrisia, ci siamo dentro con tutte e due le scarpe, tra una protesta ed un’altra. Tutto ruota attorno al petrolio, sia le industrie inquinanti, sia le maledette guerre. Giusto protestare, ma non mi sembra che l’utilizzo dell’automobile sia diminuito. Se le stesse proteste che ci sono state per una sacrosanta e benedetta pista ciclabile per il turismo ecologico, fossero state indirizzate per avere una rete ferroviaria efficiente, forse qualche risultato si sarebbe ottenuto. E invece no: protestiamo contro le biciclette, e ce ne freghiamo delle ferrovie, che in Sardegna fanno pena. La Sardegna, lo ricordo, è l’unica regione d’Italia senza un metro di ferrovia elettrificata, con il più basso indice ferroviario, e senza treni realmente veloci. Il più importante passo verso un mondo meno sporco e ipocrita, è rendere la propria terra, il luogo in cui si vive, il più sostenibile ed ecologico possibile. Comincio a pensare che le rivoluzioni debbano partire dal basso, dalla partecipazione e dalla consapevolezza. Incomincio a pensare che, per coerenza e onestà, sia più importante “essere” rivoluzionari, piuttosto che farlo. Solo che essere rivoluzionari è più difficile. Lo devi fare sempre, mica una volta ogni tanto.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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