Quelle bare sono un ricordo lungo due anni. Il 18 marzo del 2020 una silenziosa colonna di mezzi militari attraversava Bergamo con decine di vittime del coronavirus. Erano diretti verso cimiteri di altre città per la cremazione, non essendo possibile farlo in città.Quella colonna senza parole, quelle luci di morte, quell’asfalto lucido, di piombo e terrore ci svegliò da un torpore dove l’anestetico era rappresentato da una flebile speranza: ce la faremo.Quella colonna senza lacrime e senza volti raccoglieva il pianto di tutti, ci diceva che qualcosa era successo: era come scoprire il tradimento di un amore. Cose che non vorresti mai sentire, vivere, vedere. Poi, dopo quel terribile stupore, c’è chi ha atteso che la polvere e la cenere di quei morti si acquietasse nel verde dei prati e delle colline e qualche parola flebile, come un cantante che stona in un coro senza accordi, è apparsa: “ma voi, ci credete davvero?”Questo è stato il momento in cui mi sono reso realmente conto dell’inutilità di certi valori, di voler mettere in discussione sempre tutto e tutti, di voler argomentare, intervenire in un crescendo di stupidaggini senza portare nessuna prova sul banco dell’oggettività.Lo chiedo con le mani che da due anni non riescono ad abbracciare: ma davvero pensate ci sia stata una regia occulta, qualcuno tanto cinico da orchestrare quella fila di morti? Lo avete per caso chiesto ai loro padri, madri, amanti, a chi ha amato quei volti, alle loro lacrime gettate nella disperazione? Lo avete fatto?Quelle bare sono il nostro rosario: ogni bara un granello da stringere e utile alla riflessione. Sono passati due anni da quel 18 marzo 2020. Due anni con il cuore asciutto, con le mani in tasca, con la paura addosso. E non ne siamo usciti migliori. Purtroppo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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