Sul molte delle questioni internazionali, vicende che non conosciamo se non attraverso ciò che i media raccontano dei fatti, è difficilissimo fare considerazioni se non si conosce la storia e la genesi di certi epiloghi, le ragioni ed i torti di certi gesti. Ed anche chi la storia la conosce, è costretto ad aspettare a lungo prima di trovare un riscontro serio e credibile sulla fondatezza delle impressioni acquisite.
Ci sono tuttavia delle vicende che richiederebbero (a parer mio la cosa andrebbe fatta sempre) quel tanto di autocritica che non ci renda “super partes” così come ci atteggiamo ad essere. Mentre lo siamo, di parte, eccome!
Una di queste storie, trattate molto probabilmente con eccessiva “superficialità” e disinteresse dagli italiani, è quella del rapimento e omicidio (14/04/2004) di Fabrizio Quattrocchi.
Fabrizio Quattrocchi era un “contractor”, praticamente un mercenario, un esperto di armi e armato al servizio di compagnie private operanti in un Irak invaso già da qualche anno ma ancora in guerra, peggio di prima. Serviva quindi, in questo clima per niente tranquillo, imperscrutabile, alle imprese straniere in Irak una scorta armata per difendere i propri interessi ed incolumità. Parlare quindi di “Servizio alla Patria” è quantomeno fuori luogo, i mercenari sono da sempre al servizio del soldo e non si mettono scrupoli di coscienza e ne’ osservano la storia, loro si schierano anche dalla parte del torto, se il torto paga bene.
C’è anche un’altra questione, ed è quella che riguarda la presenza di questi mercenari in zone di guerra dove il comando delle operazioni è esclusivamente statunitense. Sono infatti gli americani, il loro esercito, a fornire permessi ed armi ai mercenari che sono stati spesso usati in azioni di guerra (è provato l’uso di mercenari in Somalia, Kossovo, Angola, Nigeria e Afghanistan) e che comunque rispondono e cooperano con i comandi dei Marines, in zona di guerra. E tutto questo accade eludendo precise leggi ( Art. 288 del Codice Penale Italiano) che vieta «arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero» . Anche se Quattrocchi e gli altri suoi tre colleghi rapiti ma “graziati” dai rapitori lavoravano per una compagnia di vigilanza italiana, questa vendeva servizi e uomini in mezzo mondo, ovunque vi fossero interessi militaristico/privati da difendere, non esattamente la Patria e il proprio Popolo. Tant’è che la Procura della repubblica richiese il rinvio a giudizio per due colleghi del Quattrocchi, uno di essi scampato all’uccisione nello stesso rapimento. Processo che, dopo due sentenze contrastanti fra assise e appello, stabilì che “il fatto non sussiste” e prosciolse i due imputati. Ma quanta politica ci sia dietro certe sentenze poi, resta tutto ancora da scoprire e non la vedo facile.
La destra guerrafondaia nazionale, era destra di governo allora (poco dopo vi sarebbero state le elezioni, quelle del 2006), ed approfittando dell’effetto “patriottico” che le parole di Fabrizio Quattrocchi pronunciò prima di essere ucciso suscitarono: “Tu che parli italiano concedimi un desiderio, toglimi la benda e fammi morire come un italiano” – parole riportate poi anche da uno dei rapitori, Abu Yussuf, a cui erano rivolte perchè conosceva un po’ di italiano, in una intervista esclusiva al giornale londinese Sundey Times, i Gasparri ed i La Russa colsero la palla al balzo.
Si rilanciò sui media il fatto, si riprese a parlarne nei talk-show e nei telegiornali e si riproponevano i filmati di quella triste vicenda, mentre il governo preparava la sorpresa, una “Medaglia al Valor Civile alla Memoria” da insignire a chi era stato così “capace”, “coraggioso e patriottico” da “morire da italiano”. Non importa se questo italiano era armato e “lasciato libero di sparare su qualsiasi sospettato”, agli ordini di un esercito straniero a difendere interessi privati in un paese straniero in guerra. No, quello che conta è che sia “morto da italiano”, e da “eroe” andava immolato.
Non si sentirono ne’ polemiche ne’ opinioni da quel della sinistra, gli unici a denunciare l’anomalia di questo fatto furono i familiari delle vittime di Nāṣiriya, dei nostri militari e carabinieri che si trovarono in Irak in “Missione di Pace” e che ben altro rapporto avevano con la popolazione rispetto ai mercenari. Niente medaglie per loro, forse perchè non hanno espresso frasi eroiche mentre compivano, attaccati da più lati ed avendo precise disposizioni di ingaggio, limitanti sull’uso delle armi, un nobile servizio alla Patria in nome della Pace?
Credo che quei martiri, perché questo sono stati, abbandonati alla mercé di fazioni armate sino ai denti praticamente senza difese, in un luogo sperduto, meritassero molto più di Fabrizio Quattrocchi una medaglia. Non tanto per l’onorificenza in sè, quanto per la dignità ed il rispetto dovuto a chi ha davvero servito con onore la sua nazione, nella difesa della cosa più importante, la Pace.
Siamo il paese che non solo non ripudia la guerra, ma vende armi e manda soldati e mercenari ovunque queste armi vengano usate, capita quindi che le usino contro di noi e che, per questo, le uniche medaglie per alcuni, restino quelle fatte col sangue sul loro petto.
Ma sono sempre le stesse mani ad appuntarle, le medaglie tutte.
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