Io ci ho provato tante volte a dirlo, a Marco Zurru, che il turpiloquio non apre i cuori, ma li indurisce ed espone alla censura. Ma lui da quell’orecchio non ci sente. Lui al Diavolo non crede, lo sapete. E questo lo porta a trascurarne le sottili trappole, come quella del linguaggio sboccacciato che si insinua come acqua lurida anche nei ragionamenti più alti. Intendiamoci, io Marco Zurru lo conosco da quando facevamo i chierichetti insieme alla parrocchia del Sacro Cuore, ed è un’anima pura, un buono. Però per tutta la vita non ha frequentato altro che comunisti, e il risultato è che ora parla sempre come se fosse a un direttivo di sezione: tanto è misurato quando tiene lezione, quanto è scaricatore di porto quando sta tra amici o parla di politica; per non parlare di quando scrive su Facebook o collabora con quegli altri debosciati di Sardegnablogger.
Sia come sia, io non l’ho ancora sentito, perché è all’estero, come sapete. Ma ho recuperato il suo articolo e ho provato a mondarlo, sostituendo i termini scurrili con altri più consoni. Non è stato difficile. L’unico scolio l’ho incontrato nel rimpiazzare l’immagine del … ehm… si insomma, del turgore intimo. Ma anche lì, quel meraviglioso serbatoio che è la nostra lingua italiana mi è venuta in soccorso con espressioni meno violente e più civili. Questo è quello che è venuto fuori:
Io non so quanto si mobiliteranno le donne della sinistra tradizionale, quella che è diventata minoritaria nel piddì che sempre più assomiglia alla diccì, ascoltando le parole assurde di questa scomposta bella ragazza, prossima candidata Governatrice alle elezioni venete. Non lo so, ma sono molto curioso. Aspetto.
Certo è che ostentare l’avvenenza femminile – la notevole avvenenza femminile s’intende – a modello di rappresentanza degli italiani è cosa ormai sedimentata nel paese. E’ che prima capitava in un’arena diversa, quella dove volavano le bustine gonfie di euro dopo prestazioni servite come dessert in “eleganti cene”. Ma tant’è… l’isomorfismo è tragicamente pervasivo, ingloba tutto, anche l’idiozia che del genere fa schermo e non scherno, altare e ostia sconsacrata, miope distanza rispetto alla sostanza della politica, quella che già Platone e Aristotele individuavano nel “bene comune”.
Ora, cosa ci sia di rappresentativo nel modello del far politica al femminile proposto da questa signorina “bravissima” e molto attraente – perché desiderabile (decisamente desiderabile) lo è per chiunque – proprio non lo capisco. Non è che tutti i maschi perdono la testa, la bussola, e l’orizzonte etico dei propri desideri e delle proprie necessità di fronte ad una donna avvenente.
Possono certo arrossire se sono timidi. Possono incespicare nell’incedere verbale perché molto timidi. Possono veder crescere l’eccitazione fisica in maniera che ognuno, poi, gestirà in proprio a seconda delle sue inclinazioni (a seconda dell’orientamento nel gestire la propria virilità). Possono anche pavoneggiarsi con suadenti capacità seduttive. Possono fare un sacco di cose, anche molto scabrose.
Ma che acciderbolina c’entra questo, che acciderbolina c’entra l’avvenenza femminile con la buona politica?
Eccheccazzo!
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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