Sono tanti i piccioli che Ferrero è riuscito a portare a casa, con la sua multinazionale nata ad Alba: solo nel 2011 circa 7,22 miliardi di euro di fatturato grazie al lavoro di oltre 21.900 dipendenti impiegati in 38 compagnie operative per la vendita e 15 stabilimenti per la produzione. Non solo Alba: altri stabilimenti in Europa, Argentina, Australia, Brasile, Ecuador, Porto Rico, Canada e Stati Uniti.
In Europa uno sta a Stadstallendorf (Germania) a circa 50 chilometri da Francoforte. E da cinquant’anni le ragazze sarde di San Gavino, Sanluri, Pabillonis, Gonnosfanadiga, Arbus, Sardara, Villacidro, Carbonia e Tempio ci passano sei mesi all’anno incartando cioccolatini, cercando di ingrassare lo scarno portafoglio famigliare per i restanti 180 giorni. Si fidano delle sarde, in Ferrero.
Ma in generale si fidano perché Ferrero comprese che la fiducia è un elemento importante in azienza. Non è solo Taylor e comando, l’azienda. E’ anche “risorse umane”, dove il “risorse” non è vuota parola, retorica ridondante nei corsi di formazione per management poi smentito nella quotidianità delle relazioni industriali negli spazi produttivi, ma elemento centrale di fidelizzazione per la costruzione di qualcosa che Adriano Olivetti chiamava Comunità. E’ non è forse un caso che siano solo un’ora e 34 minuti a segnare la distanza tra due delle più fertili esperienze di conduzione aziendale in questo disgraziato paese. Alba ed Ivrea: 154 kilometri e due rari esempi di ciò che il capitalismo attuale disperatamente necessita: l’intelligenza, la sapienza e la veduta di orizzonti di imprenditori che non si fermano ai piccioli, molti, tanti, subito, ma vanno oltre, guardano lontano. Un altro, tra i pochi, è Del Vecchio, con Luxottica, la più grande azienda mondiale di produzione e commercializzazione di lenti e occhiali.
Chè Ferrero ha funzionato come certi americani, come quegli imprenditori americani dove alberga ancora un residuo di etica economica che nasce dal puritanesimo calvinista, dove tutto il successo che porti a casa non è solo merito tuo ma vive e vegeta anche e soprattutto grazie alle persone che ti hanno aiutato a costruirlo, quel successo. I tuoi dipendenti, i fornitori, il territorio dove poggiano i piedi le tue imprese. E allora a questi aiutanti della costruzione di una intrapresa che non è mai segno di isolata capacità, qualcosa bisogna restituire, prima o poi. Meglio prima, che poi.
Ecco “perché lavorare, creare, donare” è stato il simbolo concreto di questa responsabilità sociale nell’incarnare il ruolo di imprenditore ad Alba e nel mondo. Ecco perché il donare ha senso solo se lo rendi materia vivente per gli altri, le tue maestranze e i loro cari. Tecnicamente si chiama “welfare aziendale” ed è – purtroppo – letteralmente arabo per la gran parte degli imprenditori italiani affascinati dalla retorica della velocità, guadagno e flessibilità (degli altri, quest’ultima. Solo degli altri).
La Fondazione Ferrero è nata proprio per dare senso concreto alla restituzione: servizi sanitari e sociali alle maestranze e agli ex dipendenti ma, soprattutto, idee per tenerne viva la vita attiva in luoghi specifici. 1800 pensionati suddivisi in quaranta gruppi di attività; una media di 800 presenze giornaliere in Fondazione e molteplici campi di impegno: accoglimento, biblioteca, adozioni a distanza, attività tradizionali da centro anziani come sala per i giochi di carte, corsi di ballo, gite ecologiche; aiuti con furgone e macchine che vanno a fare la spesa in caso di malattia o indisposizioni o per portarti dai medici della Fondazione (2500 visite all’anno, più o meno); pasticciere che preparano biscotti e dolci per gli ospiti e per i bisognosi; cuochi e camerieri per i raduni conviviali della grande famiglia; ceramisti, pittori e ricamatrici che preparano oggetti per il mercatino di Natale; un gruppo di ex ragionieri che fa la dichiarazione dei redditi; sarte e manovali che preparano le scenografie per la compagnia teatrale interna e le strutture per le esposizioni della Fondazione; il giornalino della Fondazione; il coro; un gruppo di protezione civile formatosi dopo la grande alluvione del ’94 che ha lavorato a L’Aquila; anziani che lavorano nell’asilo dell’azienda; borse di studio per figli di dipendenti…
Sono esempi da studiare e da insegnare nei corsi di management e nelle Università, questi di Adriano Olivetti, Del Vecchio e di Ferrero, che se ne è andato lasciandoci la nutella e tanti buoni esempi di ciò che può significare fare impresa, in una dimensione comunitaria che tracima ciò che tutta la letteratura neoliberista racconta su questa cosa qui. Non sono solo i piccioli, tanti, molti, subito, a fare di un imprenditore un grande imprenditore.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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