Lavagna 1
“La mamma era una stronza bigotta e il ragazzo si rifugiava nel casino, nelle canne e nella violazione delle regole per cercare una via di fuga a un clima opprimente. Quando ha visto che la madre ha usato i Finanzieri per bloccargli anche quella via di fuga, allora ha scelto l’ultimissima scappatoia che gli era rimasta in quel momento: il vuoto”.
Lavagna 2
“Il ragazzo era ingestibile nonostante i tentativi e la buona volontà della famiglia. Era entrato in un mondo perduto e si stava perdendo anche lui. Il fatto che di fronte alle divise abbia scelto la morte, ci fa capire che razza di inferno dovesse avere nella testa. La madre ha solo cercato di salvarlo. La Finanza ha solo fatto il suo lavoro”.
Lavagna 3
“È arrivato il momento di depenalizzare le droghe leggere. Non è ammissibile che un ragazzino debba sentirsi un criminale per uno spinello. Non è possibile lasciare prosperare la mafia e mettere a rischio i piccoli consumatori”.
Lavagna 4
“Nessuno speculi su questa tragedia per fare dell’antiproibizionismo d’accatto. Occorre tenere alta la guardia affinché la droga stia relegata fuori dal recinto della Legge e della Società. La morte di quel ragazzo è la più chiara testimonianza del pericolo insito in ogni uso di sostanze stupefacenti”.
Lavagna
Quelle elencate qua sopra, a parte il punto quattro, sono sintesi dei pensieri che a ondate in rapida sequenza mi sono venuti in mente dopo la tragedia del ragazzo morto a Lavagna. Il punto quattro è quello che ho ipotizzato potesse essere il pensiero di Giovanardi. Probabilmente per limitata capacità di analisi e di sintesi, non ho la più pallida idea di cosa avrei fatto in una situazione simile, dove per “simile” bisognerebbe intendere “veramente simile”, con tutti i casini che in una famiglia possono scoppiare quando le relazioni si ingarbugliano. Mentre scrivevo questo elenco a mo’ di canovaccio per il bunker di oggi, ho provato una sensazione come una mancanza d’aria, per la troppa calca che avvertivo attorno alla vicenda. È solo un problema mio, è chiaro che sto diventando insofferente e d’altra parte se uno non diventa insofferente mica si ritaglia una rubrica come “Mi faccio il bunker”!
Così ho pensato che il pezzo andasse già bene così, e mi piaceva chiuderlo con le parole di Roberto Benigni che concludono l’ultimo film girato da Fellini, La voce della luna: “Eppure io credo che se ci fosse un po’ di silenzio, se tutti facessimo un po’ di silenzio, forse qualcosa potremmo capirla”.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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