In questi giorni, con il referendum consultivo, si discute molto di autonomia regionale che, nel caso di queste due regioni del Nord, Lombardia e Veneto, si è declinata nella mera forma dell’autonomia fiscale. Già di questi tempi tutto quello che ci distanzia dallo Stato ci appare sotto una luce positiva. Perciò l’autonomia fiscale delle due tra le regioni più ricche d’Italia, potrebbe legittimamente apparire, tutto sommato, come una richiesta sensata. Non si capisce perché, infatti, queste due regioni debbano dare al rapace fisco centralista più di quanto prendano. Si parla di svariati miliardi di differenza tra il conto dare e quello avere. Soldi che, evidentemente, finiscono per alimentare il centralismo romano e le regioni “sprecone” e più svantaggiate del Sud. Ma è davvero così? Per comprendere allora come il semplice dato fiscale non renda merito alla complessità del “sistema Italia”, e di come sia anzi ingannevole, vorrei fare un esempio. Un esempio natalizio, seguendo la scia del Pandoro e del Panettone. Come ormai da tradizione, infatti, ci ritroveremo a dover scegliere a Natale tra il Pandoro e il Panettone, manco a farlo apposta, un dolce tipicamente Veneto e uno tipicamente Lombardo. Una rivalità che non lascia spazio a terzi incomodi, e che ha conquistato le nostre tavole, al punto da diventare proverbiale. Sappiamo che la tradizione italiana gastronomica e dolciaria è straordinaria, con pochi eguali al mondo. Non c’è dubbio che Pandoro e Panettone facciano parte con pieno merito di questa lunga tradizione che affonda nei secoli passati. Tuttavia nessuno può dire che la tradizione dolciaria del Sud Italia sia inferiore a quella del Nord. Anzi, se proprio dovessimo fare dei distinguo, forse il Sud presenta una varietà di dolci tipici e tradizionali superiore a quella del Nord. Non solo dolci umidi a base di creme come i Pasticciotti pugliesi, i Cannoli siciliani o le Sfogliatelle napoletane, ma anche tante varietà di pani e di dolci secchi, adatti, pertanto, alla grande distribuzione. Basti pensare al Pan di Sapa sardo. Come si spiega, allora, che sulle nostre tavole, sulle tavole di tutti gli italiani, il trionfo del Pandoro e del Panettone sia indiscutibile? Ogni anno si vendono circa 100 milioni di pezzi di questi due dolci quasi esclusivamente in Italia, per un valore di 600 milioni di euro. Un regno praticamente assoluto. In pratica, anche se ormai le industrie che fabbricano questi due dolci si sono sparse oltre i confini regionali, le grandi aziende che producono questi dolci restano al Nord Italia, ed esportano nel resto del paese, a Roma e nel Sud Italia, i loro dolci. In pratica l’intero paese non è altro che un gigantesco mercato dove, grazie alla grande distribuzione, le grandi marche dolciarie del Nord si sono imposte con i loro prodotti. Pertanto, prendendo il Panettone e il Pandoro come esempio, se è vero che Lombardia e Veneto pagano più tasse rispetto a Puglia e Calabria, è anche vero che una massa notevole di soldi si muove dal Sud al Nord, all’interno di una sorta di mercato chiuso, protetto dai confini nazionali. Quindi quando si parla di soldi che escono dalla Lombardia e dal Veneto in maggiore misura rispetto alle regioni del Sud, non si tiene conto che, in realtà, a monte esiste già un trasferimento di denaro dal Sud al Nord, grazie al fatto che il mercato del Nord Italia si è imposto su quello del Sud. E il mercato del Nord si è imposto su quello del Sud per un motivo molto semplice. Il mercato del Nord si è imposto perché aveva più forza, non certo perché i suoi dolci fossero più buoni. Ma perché il mercato del Nord aveva più forza rispetto a quello del Sud? Forse per l’elemento umano, per maggiori capacità imprenditoriali? Beh, qui di solito attacca la retorica nordista sulla pigrizia del meridionali, sulla mafia eccetera eccetera. E tuttavia, questa retorica razzista non tiene conto che i lavoratori, gran parte della forza lavoro delle industrie del Nord, era meridionale. E allora? In realtà l’Unità d’Italia nasce anche e soprattutto per unificare il mercato italiano. E non a caso il processo di unificazione partì dal Nord. Strano vero? Il Nord prima fa l’Italia e poi se ne vuole disfare. In realtà, nel fare l’Italia, il Nord pensò bene, visto che aveva il pallino del gioco in mano, di favorire per prima cosa i propri processi di industrializzazione a discapito dell’agricoltura del Sud. Il caso più esemplare fu la guerra doganale con la Francia, con una operazione protezionistica che potenziò l’industria del Nord soffocando le esportazioni agricole del Sud. Dunque le scelte politiche della borghesia industriale del Nord, che aveva il predominio politico della giovane Italia, acuirono, con tutta una serie di scelte politiche, quello squilibrio che con il tempo finì per alimentare una sorta di sistema economico interdipendente, dove il Nord approfittava del sottosviluppo del Sud per imporre il proprio mercato. I progetti di sviluppo del Sud, non a caso fallimentari, servivano sempre per essere una partita di giro per le imprese del Nord che si aggiudicavano quei finanziamenti, in un modo o nell’altro. Si creò pertanto una egemonia economica del Nord. A partire dal dopoguerra, quella borghesia economica nordista, altrimenti detta con una felice definizione “razza padrona”, si avventò sui nascenti mezzi di comunicazione di massa e così, grazie alla potente macchina pubblicitaria, panettoni e pandori invasero di prepotenza le case degli italiani, al punto da trasferire la tradizione natalizia del Nord a tutto il paese. Un processo tipico di egemonizzazione, in questo caso dell’abitudine gastronomica natalizia, provocata dalla classe elitaria al potere. Il passaggio dalla televisione alla tavola fu reso possibile dalla grande distribuzione che, ovviamente, era di pertinenza delle industrie del Nord. Al punto che, senza Panettone o Pandoro, non ci sembra neppure Natale. Anche se negli altri paesi del mondo, è Natale uguale anche senza questi dolci. Insomma, la tradizione del Panettone a Natale è una invenzione del mercato interno italiano, che si è diffusa in tutto il paese. Naturalmente, capite bene che l’esempio del Panettone e del Pandoro, potrebbe essere trasferito a tutti gli ambiti dell’economia. Pensate, ad esempio, alla diffusione dell’automobile italiana. Ora Veneto e Lombardia, che esportano i loro prodotti al Sud, vorrebbero stemperare quel ruolo di mediatore e di “riequilibratore” del tanto vituperato Stato. In un certo senso, quando lo Stato faceva comodo per consentire, dentro il “ring” dei confini nazionali, al mercato interno più forte di soffocare quello più debole, il Nord era statalista; ora che ormai gli automatismi del mercato e dell’egemonia culturale ad esso collegata si sono ormai imposti, lo Stato è diventato un peso inutile, un mediatore fastidioso, al punto che viene da pensare che tutta la retorica dell’antistato passa dai centri di potere economici egemonici. Via, allora, ai referendum per alleggerire il peso di questo Stato, e consentire autonomia fiscale alle regioni del Nord. Mi domando cosa succederebbe, una volta che si dovesse acconsentire all’autonomia fiscale di Veneto e Lombardia, se tutto il Sud, il Centro e le Isole dovessero decidersi per lo sciopero del Panettone. A Natale, invece del solito Pandoro, del solito Panettone, tutti in strada dal pasticcere a comprare vassoi di cannoli, di sfogliatelle, di dolci sardi. Vedresti che tragedia, le montagne di panettoni accumulate nei centri commerciali. Facciamoci caso, poi, a quanta roba del Nord Italia si ritrova nei negozi, nei centri commerciali, nei grandi magazzini. E immaginiamo uno sciopero dei consumatori meridionali. Sarebbe un bagno di sangue per quelle industrie del Nord. Fallimenti, licenziamenti, gente senza lavoro, imprenditori sul lastrico. In realtà, il dato esclusivamente quantitativo, ovvero il fatto che il Nord paga al fisco più che il Sud, non tiene conto della situazione del “sistema Italia”, che è piuttosto complessa. Squilibrare ancora di più il paese a vantaggio del Nord, è in realtà una visione molto miope e demagogica, che non tiene conto del conseguente indebolimento della domanda, che graverebbe, verosimilmente, molto di più sui prodotti del Nord che del resto del paese. Ad ogni modo, io sono pronto. Vediamo come va a finire. Io sono pronto a rinunciare al Panettone e al Pandoro e a comprarmi un bel Pan di Sapa sardo. Che, a pensarci bene, è pure più buono.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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