Una volta c’erano quelli che dicevano “lasciateci lavorare” e, nonostante i mesi – in alcuni casi anni – parevano come quegli scolari che si applicavano senza ottenere risultati. Oggi i nuovi tribuni non dicono più “lasciateci lavorare”, anche perché nella loro infinita presunzione partono dal presupposto che bastano poche ore, pochi giorni per risolvere problemi che necessitavano di analisi e sintesi non proprio semplicissime. Abbiamo quasi digerito, si fa per dire, anche questi e assistiamo – stavolta in Sardegna – al gioco del “vorrei ma non posso” che tradotto significa soprattutto: “ma come ne esco da questa storia?”. Sono passati quasi settanta giorni e il Presidente della Regione Sardegna si è quasi giocato la luna di miele, quel periodo valutabile in cento giorni nel quale i cittadini – tutti, anche quelli che non hanno votato per il vincitore – concedono una sorta di tregua politica di attesa per capire la programmazione di chi, per cinque anni, dovrebbe governare la Regione. E niente. Non ci si schioda dall’assurda melina nella quale il buon Solinas ci ha abituati in questi primi due mesi. Gioco sterile a centrocampo e palla quasi sempre in tribuna. Il problema è che non può dire “lasciateci lavorare” perché ancora non ha assunto nessuno, non può neppure dire “la colpa è di chi ci ha preceduto” perché almeno su questo le scelte sono esclusivamente sue, errori compresi. Insomma, un pasticcio dal quale non se ne esce. Solinas, intristito, squaderna curriculum, ascolta segretari di partito e spera in un miracolo che non arriva. Fosse il governatore della Catalogna potrebbe sempre sperare che, seppur giocando male, basta un tocco di Lionel Messi a risolvere tutto. Anche a gioco fermo. Ma la Sardegna non è Barcellona e di piccoli geni se ne vedono pochi in giro.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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