Ricordo di uno studio, alcuni anni fa, che sosteneva che le professioni più “felici” erano i piloti di aereo e le guardie forestali.
Che fortunato che sono, pensai. Ed in effetti chi può essere più felice di uno che vola nel cielo e viaggia, o di uno che lavora in mezzo ai boschi e alla natura?
Tuttavia, quella ricerca mi fece spesso riflettere sul senso che gli umani danno alla felicità.
Di duecento colleghi allievi sottufficiali forestali che eravamo al corso, ben 4 si sono suicidati. Il due per cento. Una bella percentuale.
Ed in effetti, se andiamo a vedere le statistiche, c’è una strana coincidenza tra le zone dove si sta meglio, dove la qualità della vita viene considerata maggiore, e il numero elevato di suicidi.
Ad esempio, nei paesi scandinavi, in testa a quelle classifiche, il numero dei suicidi è altissimo, mentre è quasi inesistente nei paesi poveri dell’Africa.
Mi sono domandato, spesso, quali parametri usino per quelle statistiche.
Pressapoco gli stessi del PIL.
Spesso, infatti, i parametri sulla felicità che noi stessi “occidentali” elaboriamo sono il frutto di visioni distorte della vita.
In due recenti statistiche, Cagliari è risultata la città più felice d’Italia. Molti si sono sorpresi di questo risultato, altri hanno perfino ironizzato. Perché si pensa che felice debba essere la città più ricca, quella con i conti più consistenti in banca, e non quella che ha una bella spiaggia dove rigenerarsi, un bastione da dove prendersi il fresco d’estate ammirando un bel panorama, un tramonto solcato da fenicotteri in volo, e dove si cucina il pesce da urlo.
Ed infatti quelle due statistiche erano basate, l’una, sull’autopercezione della felicità, e l’altra, sui marcatori della stessa presenti su di un “social”. Con i soliti parametri, avremo visto al primo posto le solite città ricche del nord, e non Cagliari e Lecce, altra bellissima città, per chi non la conoscesse.
Ecco perché, a differenza di altri, non mi sono meravigliato e non ho pensato a chissà quale complotto alla notizia del suicidio del pilota d’aereo tedesco. Perché purtroppo, il suicidio e la depressione sono diventate una componente costitutiva delle nostre moderne società, con la quale, prima o poi, occorre fare i conti senza paura.
Certo, c’erano quelli che schifosamente speravano si trattasse di un attacco terroristico di matrice islamica. Una buona scusa per un’altra guerra “petrolifera”.
E invece no, mi spiace, niente terrorismo islamico. Ci arrangiamo col petrolio che abbiamo.
Ed è emblematico che questo sia accaduto in un aereo di nazionalità tedesca, paese che, stereotipi a parte, tutti ammirano per la loro precisione e per la loro tecnologia.
Come a dire che non si sfugge. A voglia di controllare e fare la manutenzione degli aerei, se ci si dimentica di verificare il buon funzionamento della parte più importante.
La mente degli esseri umani.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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