Ieri mi è apparso Bertinotti.
Giuro, era lui in persona. Stava seduto in piazza e teneva interminabili, appassionati monologhi. C’era un sacco di gente ad ascoltarlo e lui parlava dell’Italia, sosteneva che non è una Repubblica fondata sul lavoro. O, almeno, non lo è più.
Ripercorreva la storia recente in lungo e in largo e, quando si trovava nei pressi del capitolo delle lotte operaie, si iluminava come quelle madonnine attaccate alla presa di corrente. E io, che pure a queste apparizioni non ho mai creduto, sentivo una leggera scossa, neanche fossi sulla via di Damasco anziché nella piazza di Olbia.
Credetemi, era realissimo, sembrava davvero lui in carne e ossa ed erre moscia. A un certo punto ha pure pronunciato (con cautela ma, giuro, l’ha fatto) una parola che non sentivo da tempo. Ha parlato di rivolta. Per carità, prima di pronunciarla, quella parola, ha fatto un giro bello largo per dire che no, non intendeva certo la violenza. Però, ecco, servirebbe una rivolta, diceva, per restituire al popolo la sovranità perduta, oggi nelle mani dei nuovi capitalisti che usano la politica per defraudare diritti, sempre più diritti, ai cittadini.
Quando poi Bertinotti ha deciso di dire la sua sull’accordo tra Marchionne e i sindacati, eccetto santa Fiom, per legare l’incremento dei salari alle sorti dell’azienda, è successo l’incredibile: ha levitato insieme alla sedia. Per cui non mi sono sorpreso più di tanto quando il compagno Fausto ha deciso di rivelare alla folla il nome dell’unico punto riferimento della sinistra. C’è arrivato gradatamente, però, come a lasciare agli astanti il gusto della suspence.
Mentre parlava, cercavo di indovinare a chi si riferisse. Vendola? Fassina? Civati? Tsipras? Gianni Morandi? Ero completamente fuori strada. Bertinotti guardava in alto, molto più in alto. Quasi in cielo. L’uomo che una sera di gennaio del 1997, in un villaggio del Chiapas, fece otto ore di anticamera per incontrare il subcomandante Marcos e donargli una bandiera di Rifondazione comunista, ricevendo in cambio una copia del “Don Chisciotte” di Cervantes, era diventato un fan di papa Bergoglio. In fondo, ha sempre avuto una passione per il Sudamerica e poi, chissà mai che gli passa per la testa al compagno Fausto, magari vuol mettere su un nuovo partito, qualcosa tipo Rifondazione Cattocomunista.
Fatto sta che, dopo tre ore suonate di apparizione, Bertinotti è sparito. E io, che non mi perdo d’animo, ho deciso di vederci chiaro. Ho chiamato Bergoglio, al telefono. “Santità, facciamo presto che il costo delle telefonate in Ecuador è piuttosto salato. Senta, sa che ieri sera mi è apparso Bertinotti?” “Hai presente Medjugorje, figliolo? Non è fede cristiana”.
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