“In Lampedusa ventiquattro Maltesi fra uomini e donne vi soggiornano, […] più dal bisogno che da altro obbligati sono stati a lasciare il proprio paese.”
Così nel Volume IV degli Atti della Reale Accademia delle Scienze, Sezione della Società Reale Borbonica, edito nel 1839, è descritta la popolazione di Lampedusa. Dal 14 al 21 settembre si è svolta la VII Scuola di Alta Formazione di Sociologia del Territorio “A LAMPEDUSA PER PROGETTARE UN’ACCOGLIENZA SOSTENIBILE”, organizzata dall’AIS (Associazione Italiana di Sociologia, Sezione Sociologia del Territorio) e patrocinata da Camera dei Deputati, Ministero della Giustizia, Comune Di Lampedusa e Linosa e da altri 20 enti locali e associazioni. Durante la Scuola si sono svolte lezioni frontali nella sede dell’Area Marina Protetta Isole Pelagie, tenute da docenti universitari (sociologi, architetti, urbanisti) provenienti da vari atenei. LegaAmbiente ci ha accompagnato in una passeggiata nella parte sud dell’isola, abbiamo visitato il cimitero comunale con il Forum Lampedusa Solidale, lo spazio espositivo Porto M con il collettivo Askavusa, il santuario della madonna di Porto Salvo con Mediterranean Hope. Inoltre tre serate sono state dedicate a incontri, dibattiti, conversazioni aperte alla cittadinanza sui temi dell’immigrazione e i rapporti con la società civile, le istituzioni, l’informazione, la comunicazione e la progettazione con le comunità locali. Abbiamo partecipato in ventiquattro (laureandi, laureati, dottorandi, dottori di ricerca) ed in quattro gruppi redatto i progetti: “Lampedusa: sostenibilità e impatto dei flussi di popolazioni”; “Il sistema dell’accoglienza tra debolezze e opportunità”; “Esplorare gli spazi”, “Lampedusa: identità e memoria per la smart island” Lampedusa si estende per 20 km quadrati, ha circa 6000 abitanti residenti, ai quali nei mesi estivi si aggiungono i turisti che aumentano la popolazione fino a 30000 persone. Una terza popolazione, motivo per il quale l’isola da anni suscita attenzione mediatica, è costituita dal turnover di coloro i quali alloggiano all’hotspot di Contrada Imbriàcola. Noi siamo stati la prima comunità accademica a poter visitare la struttura, sorta in una sorta di canyon al centro dell’isola e composta da tre prefabbricati con al loro interno stanze e bagni. L’intera area è recintata e al suo interno suddivisa in due blocchi, separati da una cancellata: oltre la quale non abbiamo potuto accedere. I funzionari della Polizia di Stato ci hanno mostrato i locali in cui gli “ospiti” vengono preidentificati e fotografati ed in cui sono registrati i dati personali dei richiedenti asilo e raccolte le impronte digitali entro 48 ore dal loro arrivo, talvolta prorogabili a 72. Inoltre viene loro somministrato un questionario, il cosiddetto foglio notizie, attraverso il quale si opera una prima scrematura per distinguere potenziali richiedenti asilo da migranti economici. La polizia di Stato italiana è ora coadiuvata da alcuni funzionari delle agenzie europee Europol, Eurojust, Frontex ed Easo che però non hanno autorità di intervento. I migranti sono trattenuti fino a identificazione avvenuta. Alle pareti esterne sono appesi cartelloni trilingue (italiano, inglese, francese) per facilitare la comunicazione fra “ospiti” ed operatori sociali (croce rossa, psicologi, mediatori culturali). Dai racconti degli operatori sociali, gli “ospiti” giocano a pallone (il cortile ha la funzione di campo), dipingono, fanno diverse attività; ma a noi è parso che l’attività principale sia la noia. Sulla carta le persone che provvisoriamente soggiornano nell’hotspot non possono uscire ma in realtà, essendoci un pertugio lungo la recinzione, a gruppetti escono per recarsi in paese. Sono presenti anche dei minori che stanno nel complesso assieme alle donne. Di grande impatto emotivo è stata la visita al Cimitero comunale in Contrada Pisana, dove assieme ai defunti lampedusani, riposano diversi morti naufragati, alcuni dei quali sepolti senza nome. In quei momenti il pensiero, ineluttabilmente, si lega alla fortuna di essere nati in questa sponda del Mediterraneo, ciò apre il cuore e la mente al senso alla vita. Durante la visita guidata a cura di LegaAmbiente, ci è stato spiegato come la vegetazione, un tempo lussureggiante, sia ora ridotta a nuda roccia, macchia bassa e degradata in cui l’arbusto più diffuso è il timo (Coridothymus capitatus), in siciliano denominato satureddu. Una delle opere di nuova piantumazione è il Giardino della Memoria, situato nei pressi di Cala Galera, dove sono state messe a dimora 366 piante per ricordare i 366 migranti morti nel naufragio del 3 ottobre 2013. Altro attore del territorio è Askavusa, collettivo di Lampedusa che ha creato e gestisce PortoM: un particolare museo sito in una vecchia rimessa nautica in cui dal 2009 sono raccolti oggetti recuperati sui barconi, impressionanti tra i tanti le scarpe che pendono dal soffitto. Alla fine della via principale, Via Roma, sorge L’Archivio Storico Lampedusa, ivi una mostra permanente racconta le tappe fondamentali dell’isola attraverso cartografie e fotografie; è così documentata l’evoluzione da piccola comunità di pescatori a meta del turismo di massa. Imprescindibile l’incontro con Pietro Bartòlo, medico e responsabile del presidio sanitario e del poliambulatorio di Lampedusa, il quale ci ha raccontato, con l’ausilio di immagini e video, l’epilogo dei viaggi della speranza e delle lacrime di sale in modo che si conoscano le sofferenze delle persone che affrontano un lungo calvario. Una volta al molo, chi riesce a non morire prima capisce che è arrivato in un paese dove non subirà più le angherie precedentemente e lungamente patite. Queste persone, perché sono persone, non portano malattie e ciò lo afferma il medico che li visita. La migrazione è un fenomeno, non un problema, e va affrontato con lungimiranza. L’elemento distintivo di Lampedusa è che essa è un’isola di frontiera. La Scuola è stata una full immersion. Con la ricerca sul campo, l’osservazione diretta e partecipante è stato possibile affrontare, esaminare e trattare dinamiche parzialmente differenti: il territorio e il fenomeno migratorio. Vista da fuori Lampedusa appare come un tema unico, che riguarda le esperienze drammatiche delle migrazioni; ma una volta sul posto si scopre e ci si rende conto che ci sono le problematiche di tutte le comunità. Ad esempio, lo spazio pubblico non è pensato per gli adolescenti, sebbene la costituzione di una biblioteca dedicata ai bambini e ragazzi abbia comunque una valenza simbolica. In aggiunta, possiede consuetudini tipiche delle località turistiche. Durante la stagione estiva l’eccessivo carico antropico, il micidiale rombo di motorini e automobili (sia di proprietà, sia a noleggio), con annesso nauseabondo olezzo di gas di scarico, fa sembrare il traffico del centro abitato più simile ad una grande città che a un’incantata ed incantevole isoletta turistica; per di più non esistono le strisce pedonali e nemmeno una ciclovia. Il fulcro della movida serale è Via Roma, diversi locali propongono intrattenimento e ciò perché la popolazione invernale ed estiva ha regole di vivibilità diversa. Quasi a sublimare la noia e il vuoto invernale, le serate estive sono cariche di gente che affolla la passeggiata e i bar che propongono musica alta, sovrastata come decibel solo dai numerosi aerei in arrivo e in partenza. Il senso della bellezza è restituito dal giro dell’isola in barca, durante il quale Lampedusa sprigiona tutto il suo fascino. Dopo una settimana le impressioni si legano ad un’inedita sensazione di nostalgia. Forse è ciò che accade con le isole. Adesso è il tempo per assestare, per elaborare, per sedimentare ciò che abbiamo visto, sentito, respirato, vissuto. Abbiamo posto domande e ci siamo posti domande, giacché, come disse Tiziano Terzani: fare domande giuste a volte implica mettere le basi delle risposte che cerchiamo, sulla vita, su come va il mondo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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