«Grazie a Gianni ho scoperto De André», dico con il bicchiere della birra oramai calda. «Non avendo altri dischi da far girare se non quelli di musica sarda di mio padre e I quarantaquattro gattidello Zecchino d’oro, una sera una mia amica, Annalisa, mi presta un quarantacinque giri strano, stranissimo. Era Il pescatoredi Fabrizio De André. Ho capito da quel giorno che c’erano molte strade che si intersecavano tra la musica e le parole.»
Valeria è silenziosa e attende una pausa nell’immensa ilarità. Valeria è un’amica, un’amica vera. Si alza e si guarda attorno. Si mette in ordine, si sistema la camicetta bianca, elimina le briciole e infila la mano destra tra i capelli. Un gesto per me consueto che Valeria effettua solo quando è nervosa. Tra amici si capisce sempre tutto. C’è quella complicità forte, sicura, che tra amanti è impossibile. «Questo è per te», dice porgendomi la scatola rossa. Tutti aspettano da parte mia l’apertura veloce del pacco. In effetti sono curioso anche se questa attenzione nei miei confronti la vivo con un compassato fastidio, perché sono uno cui piace regalare più che ottenere regali. Il pacco è leggero, molto leggero. Potrebbe contenere una camicia, una sciarpa, un libro. Piccolo però. Potrebbe anche non contenere niente. Lo apro. Una busta sottile. Quadrata. Bianca. Apro anche quella e osservo gli sguardi di tutti puntati sulle mie mani. È un disco. Lo capisco subito. È Questo piccolo grande amore, il 45 giri del 1972. «Te lo ricordi?», chiede Gianni. Ed è un attimo. Ritornare indietro a riprendere i miei quindici anni. A cercare le ottocento lire per poter acquistare quel disco, quella canzone, da sentire nel mangianastri e un patto ferreo tra me e Gianni. Lo compriamo a metà e poi facciamo una settimana ciascuno. È così accade. Lo acquistiamo da Tot per la musica, in via Columbano, il nostro disco con il disegno acquerellato di Claudio Baglioni e della sua fidanzata Paola in copertina, e subito a casa a gettarlo dentro il mangianastri e sentirlo e risentirlo sino allo sfinimento, sino a imparare a memoria tutto, anche il rumore falso del mare prodotto all’inizio della canzone, un rumore misto al fruscio che, con il passare dei giorni, per colpa del logorio, terribilmente aumenta e si confonde con le onde di un mare e di quella maglietta fina. La prima settimana a Gianni, la seconda a me, la terza a Gianni, la quarta a me. Poi durante la fase di mio possesso Gianni mi chiede se posso prestarglielo per qualche giorno. Deve farlo sentire a una ragazza e poi io potrò averlo per tre settimane di seguito. Accetto. Il disco non ritornerà più a casa. Gianni dice di averlo regalato a quella famosa ragazza in cambio di un bacio. Ero infuriato, non si baratta Questo piccolo grande amoreper uno stupido e insulso bacio obbietto e lui sorride e aggiunge che il bacio era stato solo un buon aperitivo. «Non l’avevo regalato a nessuna ragazza», dice adesso Gianni mentre si alza in piedi. «Potevo continuare a mentire all’amico ma non al giudice. Il disco adesso è tuo.» «Definitivamente?», chiedo pensando a una mossa a sorpresa «Certo. Definitivamente», e, rispondendo, mi abbraccia. Intensamente. Dopo lo scontato applauso di tutta la tavolata, prendo il disco e provo a articolare piccole parole che mi ributtano in un passato che credevo dimenticato: «Grazie a Gianni ho scoperto De André», dico con il bicchiere della birra oramai calda. «Non avendo altri dischi da far girare se non quelli di musica sarda di mio padre e I quarantaquattro gattidello Zecchino d’oro, una sera una mia amica, Annalisa, mi presta un quarantacinque giri strano, stranissimo. Era Il pescatoredi Fabrizio De André. Ho capito da quel giorno che c’erano molte strade che si intersecavano tra la musica e le parole.» Bevo l’ultimo goccio di birra e mi avvicino a Valeria. «Questo adesso è tuo.» «Mio?», mi chiede aggiungendo un impacciato: «Perché?» «Perché è un pezzo della mia vita. E queste cose si consegnano solo agli amici più cari.» Poi tutti urlano e chiedono un altro giro di birra, il caffè e l’ammazza caffè. Si disperdono gli sguardi ma inciampo nello sguardo di Valeria e mi rendo conto che lei ha pensieri densi. Domani mattina è il mio primo giorno di lavoro. Al tribunale di Sassari. Uditore giudiziario. Ho salutato tutti e abbracciato Gianni. Mi ha restituito un pezzo di vita dimenticata.
Questo piccolo grande amore. Regalarlo a un’amica. Rischia di travolgere tutto.
Tratto dal romanzo “Le destinazioni del cielo” Giampaolo Cassitta, Arkadia editore. Tutti i diritti riservati.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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