Il metodo Catalonotti è un bellissimo libro scritto dall’ormai insuperabile Andrea Camilleri e il Commissario Montalbano stavolta entra dentro una storia piena di colpi di scena, di teatro e di innamoramento. L’aspetto più curioso è legato proprio all’abbandono quasi definitivo della sua eterna fidanzata Livia che, a dire il vero, non ci stava simpaticissima e l’autore nulla faceva per renderla amorevole. Stavolta l’ingresso di Antonia, capo della Scientifica è dirompente e, come pensa il buon Montalbano, “è fimmina chi fa sangu”. Vi chiederete: ma questo dove vuole arrivare? Amo immedesimarmi nei personaggi descritti dai vari autori, entrar nelle loro storie, nelle scenografie e quando si racconta di luoghi che ho visto resto sempre affascinato da chi riesce a raccontarli con i miei occhi. In questi giorni, per esempio, sto leggendo un libro molto bello ed intrigante di un’autrice spagnola, Dolores Redondo. E’ ambientato nella Galizia, una bellissima regione spagnola che ricorda moltissimo, per storie e tradizioni, la nostra Sardegna e, devo ammettere, la Redondo è molto brava a dipingere i luoghi e le storie. Ma torniamo a Montalbano e alla sua deriva con Antonia. Il nostro commissario non è nuovo alle sbandate ma stavolta è proprio innamorato: acquista nuove camicie, vestiti, addirittura la cravatta e finisce in un terribile negozio di profumi per scegliere una schiuma da barba con relativa eau de toilette. Camilleri si diverte ed il libro è un grandissimo gioco sul teatro e nel teatro, ma Antonia è un personaggio che non dimenticherete tanto facilmente perché è come voi la immaginate: dolce, scontrosa, malleabile, antipatica, furba, dispettosa, amorevole e stucchevole. Insomma: con Livia era amore. “Vecchio, consunto come un vestito troppo a lungo usato, con qualche buco qua e là, ricucito alla meglio, stanco, ma sempre amore”. E con Antonia? “Niente era dato per certo: non erano scontate le loro conversazioni, non era scontato il loro modo di fare all’amore, non era scontato se e quando si sarebbero rivisti. Tutta la loro relazione era incerta, era in balia dello spazio e del tempo, ma anche quello era amore”. Vi chiederete: ma tutto questo che mi viene a significare? Ci ho pensato e riflettuto e sono riuscito a darmi una riposta, piccola e simportante: l’autore – qualsiasi autore – decide sempre dei suoi personaggi e non è vero che sono loro a dettare legge. Camilleri, a mio avviso, non sopportava Livia ed è per questo che la raccontava algida, perfetta, del Nord, che costringe il povero Montalbano, nella prima parte del libro, ad una dieta ferrea, lasciando un “pizzino” con ingredienti da evitare che, con immensa sfacciataggine, non sarà mai preso in considerazione né dal nostro eroe e neppure dalla sua mitica governante e cuoca. Camilleri decide maldestramente di rimescolare le carte e il sangue, facendo apparire dal nulla, con un colpo di teatro, Antonia: imperfetta e misteriosa e il buon Montalbano è stato costretto ad innamorarsene. Livia, a sua difesa, potrebbe uscirsene con la frase magica: “Non sono così stronza, mi disegnano così” ma, credetemi, sentire Montalbano che tiene testa all’ennesima telefonata della sua eterna fidanzata e rompe – quasi – definitivamente con lei, è come quando la tua squadra segna il gol del vantaggio all’ultimo minuto: è amuri!
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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