E venne il giorno delle targhe alterne. A seguito della crisi petrolifera nei giorni festivi si decise – era il 20 febbraio del 1974 – che sulle strade italiane circolassero targhe dispari per una settimana e pari per l’altra. Mamma possedeva la mitica 500 gialla e la targa era pari. Diversamente da oggi l’auto non era così necessaria e pertanto la storia delle targhe alterne non mi inquietò più di tanto anche perché avevo quindici anni e nessuna possibilità di utilizzare l’auto per muovermi. Però – c’è sempre un però – a Pasqua era deciso che si andava in Gallura dai miei nonni e quell’anno la ricorrenza cadeva il 14 Aprile. La domenica di Pasqua era dedicata alla visita di un luogo particolare chiamato Valentinu, dove vivevano zia Tommasina con la figlia di nome Lorenza, ma per tutti Lorenzina. A me – ve lo dico subito – Lorenzina piaceva un sacco ed era il motivo principale per il quale non vedevo l’ora che giungesse Pasqua per andarla a trovare. Non era semplice, infatti, riuscire ad incontrare le persone da quelle parti. La visita era un rito e gli incontri piuttosto radi. Lorenzina aveva una faccia rotondissima, sguardo dolce e fugace, corpo esile e distratto, voce silente e utile al dialogo. Parlava con una cadenza curiosa e per me, ragazzo di città, notavo in quel suo accento il risultato di mille storie tra la campagna e l’infinito. A me Lorenzina piaceva perché era solare, curiosa e leggeva i romanzi di Liala. Viveva in un mondo tutto zucchero e amore e per me, che a quei tempi lottavo con ideologia e rivoluzione, Lorenzina pareva un’isola in cui fermarsi a soppesare gli attimi. Quale può essere la fortuna che può perseguitare e distruggere la possibilità di un incontro? La targa. A casa, oltre a mia madre, tutti avevano automobili con le targhe pari e il giorno di Pasqua potevano circolare solo targhe dispari. Nessuna possibilità di poter fare un salto a Valenitnu, addio Lorenzina e i romanzi di Liala. Addio alla sua dolcezza e alla possibilità di continuare un discorso piuttosto mieloso cominciato l’anno precedente. Lo so, storia stupida e adolescenziale, però a Lorenzina ci tenevo parecchio e dovevo trovare una soluzione. Che si materializzò nella vespa 50 senza targa di un mio cugino al quale la chiesi in prestito. Mi domandò perché mi serviva e risposi che era necessaria per portare le formaggelle (meglio, li cascjatini) a zia Tommasina. Lui approvò così come mia nonna. Mia madre non disse nulla ma quel nulla diceva molte cose ed io con quella vespa senza targa mi recai a Valentinu, salutai Lorenzina e riuscimmo a metterci d’accordo per un prossimo incontro dove avremmo discusso dei romanzi di Liala e forse di qualcos’altro. Poi le cose andarono in maniera diversa e non ci vedemmo più. Non per le targhe alterne ma perché la vita riserva sempre troppi incroci e troppe strade da percorrere. Chissà che fine ha fatto Lorenzina e i suoi romanzi di Liala. Con il suo il sorriso e il corpo esile e la speranza di un bacio non dato. Chissà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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