Dopo aver affrontato, durante il Sinodo sulla famiglia, l’annoso problema della comunione ai divorziati, monsignore Ciliegia, un tipo con gli occhiali, sudaticcio e di circa 120 chilogrammi, molto vicino al Santo padre, durante una riunione al quanto spiccia in Vaticano, fece presente che ormai l’Expo stava chiudendo i battenti e che la Chiesa non poteva perdere l’occasione di intervenire anche sul tema del cibo.
– Certo, non è fondamentale come organizzare la sessualità degli umani, – fece presente alzando le spalle, – ma dobbiamo invitare tutti i rappresentanti delle più importanti religioni a un confronto per stilare un documento che abbia come tema «come si nutre il buon fedele», – e buttò giù deciso mezzo bicchierino diPorto rosso pregiatissimo del 1956. L’assemblea dei cinque porporati e affini non sembrò per nulla convinta. – Ma il Santo padre è già intervenuto sull’argomento all’Expo. – Appunto, e c’è pure un’enciclica. Insomma, ci vuole un documento che rilanci mediaticamente la questione a nostro favore per almeno un paio di settimane. – Mah, – disse un porporato che aveva relazionato durante il Sinodo, – per me è già tutto molto chiaro sulla posizione della Santa Sede. Non ne capisco lo scopo. Monsignore insistette: – Ufficialmente lo scopo è: garantire a tutti gli esseri umani la possibilità di adeguare i comportamenti alimentari alle norme previste dal proprio credo è una sfida che la nostra società ha iniziato da poco ad affrontare con consapevolezza. – Ufficiosamente? – Marketing!… O meglio: noi dobbiamo cavalcare anche quest’onda vincente che ci offre il nostro Santo padre. Gli altri lo guardarono sempre più perplessi. – Ma chissenefrega di cosa mangiano! – sembrava che stessero pensando, – ormai questi si accoppiano come dei conigli come e quando vogliono! Monsignor Ciliegia ne approfittò per finire il suo cicchetto e servirsene un altro. In ogni caso, alla fine della riunione, si decise per un incontro formale tra alcuni leader religiosi e partì l’invito per una cena presso un noto ristorante brianzolo al quanto famoso, il Ciapa i ratt!, tre stelle sulla guida Michelin, proprio a due passi dall’Esposizione universale e come nelle più classiche barzellette, un cattolico, un ebreo, un musulmano, un buddista, un mormone, un testimone di Geova, un calvinista, un luterano e un induista si ritrovarono attorno a un tavolo ben apparecchiato, mentre fuori un capannello di giornalisti attendeva impaziente, con le loro telecamere, che il convivio interreligioso producesse questo nuovo documento essenziale per guidare le anime nel loro calvario alimentare. Inizialmente le nostre guide spirituali si annusarono un po’ diffidenti, come cani in un recinto. Per sciogliere il ghiaccio,Monsignor Ciliegia, che aveva insistito tanto presso la Santa Sede per essere lui il rappresentante del cattolicesimo, anche perché conosce molto bene i vini da associare a ogni tipo di pietanza,chiamò il sommelier. – Una bottiglia di Brunello di Montalcino, preferibilmente del ’84. – Subito monsignore, – rispose l’uomo. Il prelato, con fatica si alzò. – Le principali religioni presenti nel nostro Paese si caratterizzano, quasi tutte, per i loro articolati precetti alimentari fondamentali, alcuni più noti, altri obiettivamente più complessi e meno conosciuti… – una pausa calcolata per trincare un po’ di nettare degli dei, poi proseguì: – Il quadro si complica, tra l’altro, perché non tutti i fedeli di una stessa religione hanno lo stesso grado di osservanza delle regole, che peraltro possono anche differire a seconda di luoghi, epoche e scuole interpretative. La sfida dunque è capire in questo dialogo come comportarsi. Per incominciare, dunque propongo un bel brindisi. Il musulmano, un imam che si era dichiarato alla stampa contro ogni forma di terrorismo tranne che per combattere i nemici di Allah, era però già fuori dalla grazia di dio, senza fare facili battute. – «Ti chiederanno del vino e del gioco d’azzardo: in entrambi vi è grande peccato, unito ad un piccolo vantaggio per l’essere umano; ma il male è molto maggiore del vantaggio». Dalla Sura Al Baqarah, 2; 219. Monsignor Ciliegia a momenti si strozzò col Brunello. Li raggiunse il cameriere per le ordinazioni. – Le porto un chinotto? – chiese il ragazzo all’imam per stemprare la tensione. L’induista si spinse fino all’orecchio del vicino luterano per sapere di che bevanda si trattasse e lui, con un’espressione smarrita, iniziò a cercare su google crome. Scoperto che il chinotto è un agrume, lo spiegò al collega e illuminò anche l’intera tavolata. – Passi per questo chinotto – affermò l’imam. – Voglio però anche ordinare. Ho una fame da lupi. – Cosa le porto? – Che cosa avete di antipasto? – Prosciutto e melone. Il musulmano si alzò minaccioso. – Ma allora lei è un cretino! Il maiale è haram!!! E iniziò a imprecare in arabo, mentre gli altri cercavano di placare la sua ira. – Cos’è il maiale? – Haram!… Interdetto – disse lui sempre urlando. Cazzo, cazzo, cazzo! Pensò il ragazzo mentre avrebbe volutoingoiarsi la lingua. Non si ricordava che i mussulmani non mangiano maiale ben prima della febbre suina. E dire che prima di adattarsi a questo lavoro, aveva fatto studi di antropologia sognando una vita da accademico, anche se presto dovette rassegnarsi ad altro giacché non aveva alcuna raccomandazione in quanto figlio di un semplice operaio, né aveva accettato di prostituirsi con qualche vecchio barone bavoso. Dunque, sapeva alla perfezione che un fedele osservante, se ci si metteva seriamente, evitava ogni contatto con alimenti immondi portatori di contaminazione e corruzione. Il proprietario del ristorante con un’occhiata fulminò il cameriere. Ma cosa ti salta in mente di dire, coglione che non sei altro? Il ragazzo sorrise a denti stretti. – E già che ci siano –, disse l’islamico, – io non mangio carne di cammello o di un animale trovato senza vita e non mi posso cibare del sangue di nessun animale. – Ovvio, signore, – rispose asettico sperando di non fare più gaffe del genere. – Posso mangiare solo la carne di un animale che è stato sgozzato quando era ancora vivo e se il sangue è scolato completamente dal suo corpo. Nutrirsi di sangue è peccato mortale, lei lo sa? – Oh, guardi… ogni mattina ci penso, – anche se la cucina del suo ristorante non prevedeva il mattatoio. – Che cosa fa, lo spiritoso? – Non mi permetterei mai! – E mi sono vietate anche le bestie feroci, i rapaci, i cani, gli asini, i muli, i rettili, il topo, la rana, la formica. Questa volta si rivolse a tutta la tavolata. – Rane e formiche… – ripeté il buddista tra sé. Il cameriere ormai stava per ridergli in faccia: sembrava la canzone ci sono due coccodrilli e un orango tango, due piccoli serpenti… L’unica cosa che lo tratteneva dal farlo era il fatto che se fosse accaduto avrebbe perso il lavoro e con lui anche i soldi per le rate del mutuo. Venne riportato alla realtà quando il testimone di Geova lo incalzò: – Lei ha trovato la parola di dio? Non mi sembra. Posso lasciarle un paio di riviste? – No, grazie. Non leggo. Sono analfabeta, – disse il ragazzo con un mezzo sorriso. L’iman però precisò ancora riguardo alle proteine che gli erano concesse. – Però posso mangiare la carne di lucertola, di iena, di volpe, di struzzo, di cavallo e di bue. – Ah, ecco! Mi spiace signore… ne siamo sprovvisti. Era certo però, pensò il ragazzo, che il suo cuoco, un vecchio milanese che faceva un risotto con l’osso buco che risuscitava i morti, li avrebbe mandati a cagare. Ma lui poteva e doveva solo assecondarli per il mutuo. – Hai capito bene? Mutuo, mutuo, mutuo, mutuo…. – Una zuppa di verdure e cereali? L’iman fu favorevolmente colpito da quest’ultima proposta. – Va bene, ma sbrigati che non voglio digiunare, non siamo mica durante il Ramadan! – L’astinenza dal cibo è una delle prassi più importanti nella vita di un fedele – disse l’induista, – e nel nostro calendario lunare è previsto un digiuno l’undicesimo giorno dopo la luna calante e l’undicesimo giorno dopo la luna crescente. Per fortuna siamo all’ottavo… della crescente. Il protestante calvinista e il luterano, abituati alla praticità dei testi sacri, si consultarono con uno sguardo comunicando la loro superiorità di fronte a tali incastri astrologici. – Qualcuno ha qualche divieto a proposito della minerale gassata? – chiese il cameriere che non aveva nessuna intenzione di fare dell’ironia. L’Iman si lisciò la lunga barba, quindi optò per andare a lavarsi le mani incominciando ovviamente dalla destra. Tornando al tavolo, disse qualcosa all’orecchio del mormone e si scambiarono di posto. – Era poco comodo? – chiese Monsignor Ciliegia. L’imam precisò: – Per mangiare è consigliabile a un islamico utilizzare la mano destra ed essendo il mio vicino buddista mancino mi risultava scomodo. – Per parte mia, – disse il buddista – no problem. L’ebreo, ortodosso per la precisione, prima disse ad alta voce: – Mangerai dunque e ti sazierai, e benedirai l’Eterno, il tuo Dio, a motivo del buon paese che t’avrà dato… Deuteronomio 8, 10, – poi si rivolse al cameriere: – Dunque, ascolti bene giovanotto: io posso mangiare solo pesci che hanno scaglie e pinne. – Che sciocchezza!, – dice il musulmano sghignazzando, – i pesci che non si possono mangiare sono proprio quelli privi di scaglie. – Zitto lei e pensi al pesce suo che io penso al mio che mi è dettato dal Kashrut… –, e riprese: – Quindi i crostacei sono proibiti come il maiale, il cammello, la lepre gli insetti e simili. – Noi le cavallette le mangiamo, – interruppe ancora il musulmano. L’ebreo fece finta di non sentire e continuò. – In generale tutti gli animali con lo zoccolo tagliato non si possono neppure toccare. E anche la verdura e la frutta toccati da questi animali. Non è consentito il consumo contemporaneo di carne e di latte perché la carne è la figlia del latte. Ricordi bene: nel piatto dove oggi si è mangiata della carne, domani non si può mangiare del formaggio o un altro derivato del latte. Lavare il piatto non serve. Attenzione, perché se per errore si scambia un piatto per un altro, questo va distrutto, eliminato, gettato. Il cameriere lo guardò come fosse un gorilla albino che si masturbava. L’ebreo come se niente fosse, aggiunse: – I piatti per questi o altri generi di alimenti devono essere rigorosamente distrutti. Voi li distruggete? Il cameriere si caricò di un punto interrogativo la faccia. – Oddio… – rispose giusto per non contrariarlo. – In cucina devono essere distrutte anche le vaschette del lavandino, dove si asciugano i piatti. – Sì, cambiano la cucina ogni giorno. Tutti si voltarono verso Monsignor Ciliegia che aveva fatto la battuta.L’ebreo lo fulminò con gli occhi. – E infine, tra i volatili sono permesse solo alcune categorie: il pollo, il tacchino, l’oca. Il cameriere si rivolse all’induista.– A lei, signore, cosa le porto? – Le tradizioni religiose che fanno capo all’Induismo condividono generalmente la dottrina della nonviolenza che chiamiamo ahimsa, privilegiamo quindi un’alimentazione senza carne. Io dunque sono rigorosamente vegetariano –, disse tronfio l’uomo, – ogni forma di vita animale è sacra, quindi solo la vista per me è offensiva! Il cameriere stava perdendo la pazienza.– Bene, zuppa di ceci anche per lei –, poi si rivolge al monaco buddista: – Signore? – In effetti… «Mangiare carne spegne il seme della grande compassione»… lo disse Mahaparinirvana Sutra. – Chi? – Lasciamo perdere, – disse il buddista. In generale non posso mangiare cibi solidi. La sera mi è proibito. – Un frullatino? – Perché no? – Bene… signore? Si stava rivolgendo al mormone, un ragazzo americano con la sua targhetta in bellavista che aveva tutta l’aria di un urologo durante un convegno sulla prostatite acuta. – Noi digiuniamo una volta al mese e mangiano carne con moderazione. Non fumiamo e non beviamo alcol, caffè o tè. Quindi… direi: risottino ai funghi porcini freschi, verdure grigliate… e macedonia. In verità il ragazzo mormone aveva gli ormoni in subbuglio per via della provocante barista al bancone.Ordinarono tutti gli altri, tra discussioni varie. – A lei cosa porto? – chiese infine al cattolico. Monsignor Ciliegia buttò giù mezzo bicchiere di vino come fosse acqua di sorgente e dopo una breve pausa si alzò. Fece un gesto al cameriere per dirgli che prima doveva fare un’introduzione dottrinale e teologica, ma anche antropologica e scientifica. – Per i cristiani non ci sono particolari limitazioni bibliche, se non per la carne in generale e gli insaccati nei venerdì di Quaresima… il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo. In questi due giorni, è previsto anche il digiuno. Ma un buon cattolico, è giusto ricordarlo, non deve mangiare hamburger perché Mc Donald’s è satana! – e rivolgendosi ai protestanti aggiunse: – però voi mangiate in fretta e male. Il calvinista e il luterano quasi ad unisono dissero: – Ma cisterna umana, ti sei è visto allo specchio? Monsignor Ciliegia alzò il bicchiere al loro indirizzo. Poi riprese guardando l’imam. – E voi musulmani non avete una dieta bilanciata… Non c’è niente da fare: i migliori siamo sempre noi cattolici. Siamo i più fighi perché in fin dei conti la nostra libertà alimentare è l’optimum sia dal punto di vista teologico che dietetico. L’unico vizio consiste nel fatto che spesso e volentieri tale libertà è usata male e per qualcuno è diventata possibilità di mangiare tutto, e tanto, ovunque e sempre. Cosa che non è conforme alla storia della Chiesa. Non c’è presente che non si dimostrò indignato per tanta arroganza. – Ah ah ah! – esclamò il Calvinista. – Voi le regole le fate per infrangerle. A voi basta un confessionale e tutto e a posto. Siete corrotti dentro. – Lutero aveva ragione! – aggiunse il luterano. – Bisognerebbe detronizzare tutti i cattolici. E il buddista chiuse il sillogismo: – Il solito che predica bene e razzola male! – sì alzò e uscì dal ristorante. Il cattolico fece spallucce. – Integralisti! – Integralista ci sarai tu, vecchio lardone che non sei altro! Anche l’Iman si alzò. – Basta, ne ho abbastanza della sua mancanza di rispetto per Allah. Il calvinista e il luterano fecero altrettanto. – Anche noi, ma di tutti… lei, compreso caro Iman… che se oggi siamo nella terza guerra mondiale lo dobbiamo solo a quelli come voi. L’imam iniziò a parlare, o cantare, insomma a urlare qualcosa in arabo.L’induista senza dire niente se ne andò in bagno. Il mormone si mise a parlare con la cassiera e le promise che se si fosse concessasessualmente si sarebbe salvata dalle fiamme eterne. Lei, a tutta risposta, prima fece finta di starci, poi gli tirò una ginocchiata nei coglioni e il mormone vide la luce.Il testimone di Geova ne approfittò per sgattaiolare in cucina e convertire il cuoco che però lo cacciò in modo non troppo ortodosso, tirandogli dietro la sua rivista Svegliatevi! – Fora dai bal dalla mia cucina, pirla, ti e quei quatro magna merda! Al tavolo era rimasto ormai solo monsignor Ciliegia. – Mah, come è difficile dialogare con questa gente… vabbè, già che ci sono ordino… cosa ne dice? – La trovo un’ottima idea. – Allora… affettato misto e cocktail di gamberetti, pappardelle al sugo di cervo, arrosto di maiale con patate al forno, anatra all’arancia e verdurine alla griglia, macedonia di frutta con gelato alla vaniglia, caffè… e tutto questo innaffiato da un ottimo Borgogna. – Bene monsignore, l’amaro lo offre la casa.
Un raccando satirico su cibo e religioni alla chiusura dell’Expo di Paolo Pedote
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
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