Gianni Boncompagni fa parte di una schiera di persone che quando ti dicono: “è morto” tu rispondi: “ma come?” nel senso che è difficile immaginarne la scomparsa. C’è sempre stato e ci sarà per sempre per la generazione – quella intorno ai sessanta – che ricorda soprattutto la trasmissione “alto gradimento” in radio con Renzo Arbore e che ha vissuto intensamente quegli anni di una radio che aveva il coraggio di sperimentare. Da quella trasmissione è nato il respiro delle “radio libere” e io, che di quel periodo ci ho fatto parte interamente devo riconoscere a Boncompagni e Arbore la fantasia, il sarcasmo, la competenza musicale che mi hanno portato a condurre, nel 1982, una trasmissione piccola ma molto vicina alla loro. Si chiamava “che c’appizza”, ovvero che c’entra. Si metteva musica che in Rai non passava, si inventavano le telefonate sceme e i tormentoni (uno, lo ricordo ancora, era uno “sfottò” ad un’altra trasmissione di una radio avversa e la telefonata, tutta in algherese, era di un’esilarante Anna Branca). Poi ci sono stati passaggi che non ho compreso, come “Non è la Rai” (anche se Ambra Angiolini è divenuta nel tempo un’ottima attrice). Mi è piaciuto il primo Macao con la Pairetti perché c’era il gusto dell’irriverenza che ricordava i tempi andati di “altro gradimento”. Ci ha lasciato il giorno di Pasqua, il giorno della risurrezione, giusto per essere comunque dall’altra parte della strada. Era uno che capiva di musica e la sapeva anche comporre: “ragazzo triste”, cantata da Patty Pravo era una sua canzone. La ricanto adesso insieme a “tuca tuca” e “tanti auguri” cantate da Raffaella Carrà, che è stata per anni la sua compagna. Amava i Beatles e i Rolling Stones e non sopportava i conformismi. Da lui ho imparato qualcosa e mi dispiace non ci sia più.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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