Perché Calderoli ha definito orango Cecile Kyenge? Perché la signora Kyenge ha la pelle colorata di nero. Per questo la magistratura ha indagato Roberto Calderoli per diffamazione aggravata da istigazione all’odio razziale. Ma siccome Calderoli è un senatore ecco che, affinché la giustizia faccia il suo corso, serve il via libera della Giunta per le autorizzazioni e dei colleghi, i quali hanno l’arduo e unico compito di stabilire se per caso la pubblica accusa si stia accanendo contro il noto statista.
La giunta per le autorizzazioni è, per sua natura, un organismo inquinato, non certamente neutro, assai sensibile alle sollecitazioni politiche (e non solo) che arrivano dagli apparati di partito. E in quel contesto può succedere, e succede, che tutti i partiti (salvo rare eccezioni) convergano su decisioni che hanno il sapore del salvacondotto. Per salvare Calderoli, ad esempio, è stata varata una furbata indegna. Il Senato ha diviso l’accusa formulata dai magistrati, separando l’aggravante. L’autorizzazione a procedere è stata concessa per la diffamazione ma non per l’istigazione all’odio razziale.
Quindi un parlamentare della Repubblica che dà dell’orango a un ministro di colore della Repubblica non istiga all’odio razziale. Diffama e basta. Ci si chiede quali definizioni, dunque, possano essere ritenute degne di far parte dell’istigazione all’odio razziale. A mio avviso, considerare innocua una frase (“quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di orango”) per di più pronunciata da un parlamentare, sdogani automaticamente la valanga di commenti razzisti che si sono abbattuti sul ministro nel periodo in cui ha ricoperto l’incarico.
Per questo la decisione del Senato è assolutamente irresponsabile. E anche qui c’è l’aggravante. Se l’indagine riguarda un cittadino qualunque, nessuno può decidere di modificare un’ipotesi di reato a suo carico formulata dalla magistratura. Se il coinvolto è un parlamentare, è la giustizia a doversi adeguare. Ce ne sarebbe abbastanza per incriminare tutti i senatori per istigazione all’odio razziale in concorso tra loro aggravata dalla cronica attitudine a rendersi antipatici e invisi a chi non fa parte della loro casta di impuniti.
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