Ho visto la conduttrice di un notiziario Mediaset esplodere in un pianto inconsolabile e abbandonare la scena, quando è stata annunciata la morte di Berlusconi.
Il collega che le stava accanto, un giornalista professionista, anch’egli scosso dalla commozione, tentava disperatamente di non precipitare nel baratro delle lacrime, pronunciando parole intervallate da lunghe pause, nel chiaro tentativo di trattenere il groppo in gola.
Mi sono venute in mente scene che i tg occidentali riportavano dalle televisioni di Stato di certi regimi autoritari, con mezzibusti che si battevano il petto e esibivano una plateale disperazione per la morte di questo o quel leader della dittatura.
I Tg italiani sottolineavano queste scene con ironia o disgusto.
Oggi posso dire che noi italiani siamo come quel tale che per strada ride di un passante che gli sembra particolarmente buffo, salvo poi tornare a casa, guardarsi allo specchio e rendersi conto di assomigliare molto a quel passante.
Capisco e non giudico i due conduttori di Canale 5 incapaci di trattenere l’emozione. La riconoscenza è un sentimento umano e nobile, immagino che entrambi dovessero molto a Berlusconi, il loro datore di lavoro.
Però quel pianto in diretta sembrava davvero estrapolato da un telegiornale della Corea del nord. E, peraltro, nessuno mi dice che i mezzibusti delle dittature, nel loro singhiozzare, non fossero altrettanto sinceri.
Ormai sono anni che l’espressione “conflitto di interessi” è scomparsa dall’ordinario lessico politico.
Quelli che hanno la mia età la ricordano bene: un tormentone, una litania, un’emergenza che richiedeva una soluzione mai escogitata.
Berlusconi era ad un tempo politico e potente editore capace di inquinare il fiume cristallino – si fa per dire – della libera informazione.
Ma la soluzione non la si trovò mai.
Semplicemente perché non poteva esserci una soluzione a quel problema, in uno Stato liberale: la democrazia è la miglior forma di governo, ma non è certo immune da effetti.
Ecco, l’ultimo atto fisico della vita di Berlusconi – ma come stavolta la morte è un atto fisico – credo rappresenti il momento più alto e significativo del conflitto di interessi.
La sua vita ci viene raccontata da gente che paga il mutuo grazie ad un’assunzione autorizzata da Berlusconi. E capita di sentire alla radio, come ha acutamente osservato Vito Biolchini, commentatori che ritengono Berlusconi “involontario protagonista di vicende giudiziarie”.
Non si chiede di condannare Berlusconi, né di assolverlo.
Non si chiede indifferenza, si chiede il misurato distacco e l’atteggiamento laico verso il potere insegnatoci da duecento anni di democrazia.
Nell’attesa che il tribunale della Storia si pronunci.
Ma oggi la nostra informazione generalista questa sobrietà non è in grado minimamente di garantirla. E questo spiega perché la locuzione “conflitto di interessi” si sia dissolta e sia uscita di scena. Nessuno ne parla più perché chi dovesse parlarne, da una tribuna televisiva, sarebbe esso stesso conflitto di interessi.
Le lacrime dei due conduttori chiudono il cerchio del mio banale ragionamento.
Vent’anni fa andai in vacanza in Egitto e una cosa che molto mi scosse, al tempo, era la presenza ad ogni via di giganteschi ritratti del presidente Mubarak. La mia fu una reazione immediata ed istintiva, da europeo che ha metabolizzato come stortura l’esaltazione agiografica di un capo di Stato.
Oggi, guardando la televisione a casa mia, mi sembra di essere nell’Egitto di vent’anni fa.
Resta perciò attualissima la fulminante battuta di Corrado Guzzanti, concepita nel momento di massimo potere del Cavaliere: “L’Italia non è di destra né di sinistra. E’ di Berlusconi”.
Mai quanto oggi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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