C’è una signora, in paese, che si occupa praticamente a tempo pieno e a titolo gratuito di salvare gattini abbandonati. Quando le segnalano qualche micio senza famiglia, lei li prende in consegna e cerca di piazzarli presso la rete di persone fidate che ha messo su da qualche anno a questa parte. Sistemazioni provvisorie, in attesa che poi salti fuori qualche famiglia motivata ad adottare i cuccioli. L’altro giorno la signora ha chiamato mia moglie per chiederle se poteva occuparsi di tre gattini trovati in mezzo ad un cespuglio, a Porto Cervo, orfani della mamma, ammazzata non so come. Siccome abbiamo la casa invasa da gatti di ogni colore e dimensione, si è stabilito il seguente piano: trasferire i piccoli nella casa di una coppia di amici, la cui micia ha appena sfornato tre figlioletti. Si trattava di capire se avrebbe concesso le sue mammelle anche ai tre minuscoli estranei. I nostri amici si sono prestati al piano di salvataggio. Quel pomeriggio dovevamo andare al mare, ma abbiamo rivisto i programmi e ci siamo messi in marcia. Abbiamo ricevuto gli orfani dalla ragazza che ne aveva udito i lamenti, dentro una scatola di scarpe, assieme una busta di latte di capra per provvedere alla loro prima alimentazione. La ragazza era una commessa stagionale e, col cuore a pezzi, ci ha spiegato di non potersi dedicare a loro, poiché il lavoro non gliene avrebbe lasciato il tempo.
Purtroppo uno dei tre fratellini è morto durante il viaggio verso quella che doveva essere la sua nuova casa. Gli ho dato una sepoltura per quanto possibile dignitosa, nelle campagne lungo la strada. Invece gli altri due erano vispi e protestavano rumorosamente. Arrivati a destinazione, sono stati delicatamente depositati nella cuccetta di mamma gatta, acciambellata sulla sua copertina, mescolandoli ai tre figli legittimi. Abbiamo aspettato qualche minuto. Dopodiché abbiamo visto che i due trovatelli erano stati ammessi alle mammelle e succhiavano con viva e vibrante soddisfazione. Sono passati alcuni giorni e l’integrazione è avvenuta con pieno successo. Brigano con gli altri tre, mangiano, dormono e cacano come se quella sia stata la loro famiglia sin dal primo momento.
Se provano a portarle via i due figli adottivi, mamma gatta protesta ed emette striduli versi di minaccia.
Io non so bene per quale motivo vi sto raccontando questa storia. Credo sia perché, in questo tempo livido di rancori e odio, mi pare che ogni piccola vicenda contenente amore valga la pena di essere raccontata. Mamma gatta che si accolla altri due figli senza fiatare mi è sembrata un’immagine di bellezza commovente. E pazienza se qualcuno dirà che è un istinto, un comportamento meccanico sul quale ricamare poesia è ingenuo o idiota.
Mi è venuto il dubbio che raccontarla fosse sbagliato quando mi è tornato alla mente che, nei giorni dell’emergenza della nave Aquarius, ci fu chi scrisse che tutte quelle polemiche sull’accoglienza non ci sarebbero state, se al posto di esseri umani ci fossero stati gattini. È vero, conosco animalisti che morirebbero per salvare un gatto, ma lascerebbero morire in mare un essere umano di un altro colore.
Comunque, io la storia dei due trovatelli ho pensato fosse importante scriverla. Magari la lezione di accoglienza di mamma gatta, sia istinto o qualunque altra cosa, servirà a quelli che l’accoglienza verso i propri simili la considerano un atto contro natura.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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