Dinamo contro Milano. Una sfida esaltante, da godere fino all’ultimo minuto. Finisce il terzo quarto in vantaggio 60 a 57. Grandi! Mi chiamano i miei amici Lello Cau e Francesco Chisu: ci sono dei migranti al porto, vogliono salire sul traghetto. Ci sono difficoltà a comunicare, mi chiedono di andare. Vabbè, la Dinamo oggi può attendere, anche se raccomando a mio figlio di tenermi aggiornato via whatsapp. Al porto ci sono una ventina di migranti, le polizie di stato e municipale, gli amici scout che prestano assistenza e gli forniscono la cena. Cerco di comunicare con qualcuno di loro. Fanno finta di non capire l’inglese, ma ho riconosciuto alcuni degli “ospiti” del centro di Santa Maria La Palma… hey amico, non prendermi in giro! (Arrivano gli aggiornamenti di mio figlio: 2 bombe di Logan, 66 a 58) Vogliono partire, lasciare l’isola, perché hanno parenti e amici a Roma, Milano, in Germania. Sono Somali, Etiopi, Eritrei. Un viaggio di mesi, sulla mappa dello smartphone mi mostrano il tragitto, hanno attraversato il deserto del Sahara a piedi, in 21 giorni. Scappano dalla guerra e dalla fame. Faccio da tramite con i poliziotti, che spiegano che devono essere identificati con fotografia e impronte digitali. Solo così potranno ottenere una specie di permesso di soggiorno provvisorio, dalla durata di tre mesi, che gli consentirà di muoversi liberamente nel territorio italiano. Loro, nessuno di loro, vuole essere identificato: hanno paura di essere rispediti indietro, non si fidano Non so come, ma hanno acquistato tutti il biglietto della Tirrenia per andare a Genova.
(66 a 63, Milano rimonta. Gentile fa il 4° fallo) Uno di loro non mangia, per protesta, finché non gli sarà consentito di raggiungere la moglie a Roma. Con grande fatica gli spiego che senza l’identificazione non potranno imbarcarsi, ma non cedono. Un ragazzo alto 1,90 mi prende da parte, mi chiede se sono cristiano… ha un rosario in mano. La moglie aspetta un bimbo, è finita in una barca diversa e ora (forse) è in Sicilia. Piange mentre mi supplica di aiutarlo a raggiungerla. (Un’altra tripla di Logan, siamo 74 a 65) Il ragazzo che avevo riconosciuto mi spiega perché non vogliono essere identificati: se lo fossero, potrebbero circolare nel territorio italiano, ma non recarsi all’estero, perché sarebbero immediatamente respinti. E lui vuole, deve, andare in Germania. Ora tutti parlano in inglese, hanno capito che non sono un policeman. Un ragazzino (avrà si e no 16 anni) mi dice che vorrebbe rimanere: sono qui, fatemi lavorare, sono pronto. Non è così semplice, amico mi’… Nessuno di loro si capacita delle limitazioni alla libera circolazione. Sono arrivati fin qua attraversando conflitti, deserti, il mare. Sono stati rinchiusi in grandi stanzoni in Libia, in attesa di essere imbarcati. Sono stati picchiati e qualcuno ci ha lasciato la pelle. Non è abbastanza? Dov’è Dio, e dov’è la pietà degli uomini? (Hackett espulso, 78 a 65, possiamo farcela!) Non riesco a convincerli: nessuna impronta digitale. Forse domani andranno in questura, a Sassari, per l’identificazione. Non ci credo molto. Niente altro da aggiungere, passeranno la notte nella stazione marittima e poi chissà. Diventeranno clandestini, oppure otterranno lo status di rifugiati.
La partita è finita, la Dinamo ha vinto, 80 a 67. Grandi! Per questi poveretti invece no, è solo il primo tempo. Ho idea che la partita sarà ancora lunga, e molto dura. * Scrivo queste note per due ragioni. La prima perché è giusto che si sappia davvero cosa accade a questi poveretti. La seconda perché queste tragedie sono un peso troppo grande per poter essere sostenute da soli.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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