Stamattina, scorrendo la home di un quotidiano nazionale online, ho notato un pezzo dedicato ai quarant’anni della orribile tragedia di Vermicino.Quell’incubo mi colse che avevo dieci anni e non potrò mai dimenticare l’angoscia che ne ebbi.Sarà anche per questa chiarezza dei ricordi che non mi tornavano le date: sono andato a controllare e sì, in effetti Alfredino era caduto nel pozzo il 10 giugno del 1981, non il 3 giugno.Questo anticipare le commemorazioni, da lettore ma anche da giornalista, mi ha provocato una certa indignazione, dirò anche un senso di nausea. Mi sono immaginato la frenesia nelle redazioni per anticipare i tempi, così da non dover rincorrere le testate concorrenti che, presumibilmente, avrebbero anche loro ricordato i quarant’anni prima che scadessero.Alfredino, il povero Alfredino e la sua prigionia diventati terreno di competizione tra i giornali, in una gara a chi faceva prima a ricordare che sono passati quarant’anni.Il disgusto è stato tale da indurmi a sottoscrivere, seduta stante, un abbonamento online con un altro quotidiano nazionale, concorrente del primo. Una specie di ridicola rappresaglia, un dispetto.Sarà anche stato che ho passato una notte molto agitata, praticamente insonne.Ci sono voluti due minuti, carta di credito alla mano.Subito il cervellone del prestigioso giornale con un secolo e mezzo di storia alle spalle si è preoccupato di farmi avere il benvenuto con una notifica che diceva così:“Grazie per aver acquistato l’abboanmento”.Sì, l’abboanmento.Poi mi sono calato nella home e ci ho trovato un ritratto ascetico di Salvini a cura del direttore di Radio Maria e le accuse di ademocraticità alla sinistra di Giorgia Meloni.Ho notato, nell’angolo in alto a destra, che il sistema non mi riconosce col mio nome, ma con una sequenza numerica che mi ha ricordato l’identificativo di Primo Levi nel lager.Alla fine, più in basso, eccolo: un servizio sui prossimi quarant’anni della tragedia di Vermicino, di cui si occuperà distesamente anche il settimanale allegato al quotidiano.Stavo per disdire l’abboanmento, quando ho deciso di perlustrare la sezione archivio.
Mi sono andato a cercare il giorno dopo di alcune date storiche importanti.Il 9 settembre del 1943, dopo une veloce occhiata alle prima pagine dell’edizione mattutina e pomeridiane invase dall’armistizio e dall’annuncio di Badoglio, sono andato nella pagina seguente dedicata alla cronaca di Milano, dove ho letto avidamente un trafiletto di cronaca.Mentre l’Italia cambiava fronte e iniziava la guerra civile, un redattore spendeva 34 righe per raccontare che in via Ovada 3 la signora Isolina Rosignoli Pantesti aveva subito il furto dell’intero pollaio, denunciato prontamente al maresciallo Morassi della stazione dei carabinieri di Gratosoglio.
La Rosignoli Pantesti confidò al maresciallo anche i suoi sospetti sulla vicina di casa Maria Asti, il che convinse il carabiniere ad una perquisizione nella abitazione della Asti.I polli, già macellati, vennero trovati in cantina, dove li aveva nascosti il marito della Asti, autore materiale del furto: il 58 enne ladro di polli Ernesto Rampolli.E questa tragicomica nota di cronaca per un furto di galline, mentre l’Italia era in mezzo all’apocalisse, mi ha fatto galleggiare per qualche minuto in una atmosfera surreale, in mezzo alla quale si scontravano la solerzia del maresciallo Morassi e il solenne annuncio di Badoglio sulle impari forze.Alla fine ho confermato l’abboanmento.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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