Poco più in là del sito di Mont’e Prama, in comune di Riola Sardo, sono stati rilevati, tramite il Georadar dell’Ing. Ranieri dell’Università di Cagliari, una ulteriore localizzazione di statue, si dice nell’incredibile numero di una ventina.
Nel frattempo, il servizio di guardania degli scavi è andato non si sa bene dove, forse in vacanza, e riprenderà il 7 Gennaio.
Come si sa, l’Italia è un paese fondato sul volontariato. Immediatamente è scattato il tam tam su internet e gruppi di volontari, più o meno organizzati, sono all’opera per garantire la tutela del prezioso sito archeologico.
E’ notizia dei giorni scorsi che una statuetta del neolitico sardo dovesse essere battuta all’asta, a New York, con un prezzo di base di circa un milione di euro.
Non oso immaginare quanto possa valere una statua di Mont’e Prama, ma è verosimile pensare che possa valere molto di più.
Tuttavia si sprecano le rassicurazioni. L’Ingegner Ranieri, lo stesso che con i suoi strumenti ha rilevato la presenza di migliaia di “anomalie”, leggi probabili reperti archeologici, sotto terra, ora dichiara che la sorveglianza non è un problema.
Chiaro che si cerca di non alimentare l’appetito dei tombaroli e dei trafficanti.
Ma con l’ex Rettore dell’Università di Sassari Attilio Mastino, probabilmente, si rischia il boomerang, quando dichiara alla Nuova Sardegna che anche il Tempio di Antas non è sorvegliato, tanto vale!
Ora, un conto smontare un tempio romano per portarsi via una pesante colonna, un conto è scavare, con il terreno reso friabile dalle piogge, e portarsi via la testa di un arciere di Mont’e Prama dal valore economico, peraltro, inestimabile.
Ma forse costoro sono convinti che tombaroli e trafficanti siano tutti dei creduloni, come far bere al mondo l’assurda storia dei pugilatori con lo scudo in testa.
Ma il problema è sempre lo stesso, di cui abbiamo parlato altre volte. L’abbandono, da parte dello Stato e delle istituzioni, di uno dei più importanti siti archeologici del Mediterraneo.
Noto che si fanno investimenti per grandi opere, nel nostro paese. Credo che il sito di Mont’e Prama non debba essere soltanto doverosamente custodito a dovere, ma che sia meritorio di un grande investimento da parte dello Stato, un investimento pari a quello di una grande opera, con meccanismi in cui siano coinvolti i privati e le banche, ed è davvero incredibile e assurdo che ancora tutto questo non sia stato fatto, fatta eccezione per qualche accenno di investimento reale.
Il sito archeologico di Mont’è Prama è uno di quei rari casi dove l’enorme utilità economica di un ipotetico investimento sarebbe adeguata all’importanza morale, scientifica e storica.
Eppure nulla, o quasi.
Ora, a gennaio, dopo 40 anni, un pool di scienziati andrà a riferire alla prestigiosa Accademia dei Lincei della scoperta. Ci sono voluti ben 40 anni per far accorgere la più prestigiosa accademia scientifica della nazione che detiene il primato culturale mondiale dei siti protetti dall’Unesco, dell’importanza di questa scoperta.
Noi che non siamo scienziati da quando l’avevamo capita. Basta non essere zurpi.
Ma perché tutto questo?
Per ignoranza e affarismo, direi.
Il modello di sviluppo dominante, in Italia e non solo, è ancora legato a vecchi schemi, all’idea che solo la produzione di energia, la grande infrastruttura, la grande industria, possa far girare, con l’indotto, l’economia del paese. I grandi gruppi economici, che pressano e finanziano il sistema politico, sono legati a quel tipo di economia. Un intreccio, quello tra economia e politica, che diventa sistema perverso, con la creazione di prebende e clientele di vario genere che fa sistema elettorale, come il caso Igea insegna ampiamente.
Investire nella cultura, nella storia, nell’assunzione di personale qualificato uscito dalle università, conviene meno, molto meno.
Ma questa mancata custodia, non è solo un disservizio, o un risparmio di costi. C’è qualcos’altro, a mio parere. C’è un segnale, alla quale tutti si devono adeguare, di disinteresse e di scetticismo sul valore della Storia sarda, che non deve essere meritevole di protezione, per parola d’ordine.
Sembra che solo trafficanti e tombaroli ne riconoscano il valore.
E questo disinteresse, ostentato e manifestato, si lega al cattivo rapporto che l’Italia ha sempre avuto con la storia della Sardegna. In questo caso, il controllo della storia serve ad imporre meglio quei modelli di sviluppo affaristici che comportano lo sfruttamento del territorio.
Ma su questo abbiamo già scritto e ne scriveremo ancora.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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