Ho letto il post notturno di Matteo Renzi. Quello degli scatoloni e delle coperte da rimboccare ai figli, dei buoni sentimenti e delle cose positive da conservare e da cui ripartire. Quello del “sì, ne valeva la pena”.
Leggendolo ho pensato che avrei potuto interpretarlo in due modi, facendo scattare nel mio lettore audio interno due diverse modalità di interpretazione. Avrei potuto utilizzare la modalità “sarcasmo”, con la voce che vira verso la presa per il culo e il ghigno costantemente in agguato, marcando le parti di testo più vicine al cuore che non alla ragione in modo da farle diventare melense al limite del ridicolo. Oppure avrei potuto usare la modalità “normale”; la voce silente segue la parola scritta e ne esalta la profondità, esplora la scala immaginaria dei sentimenti e tocca i tasti corrispondenti come in un grande pianoforte in cui ogni tasto corrisponde a un’emozione.
Nel primo caso, Renzi apparirebbe come un paraculo che continua a prendere in giro gli italiani utilizzando la delusione per la sconfitta come un chiavistello per tenere aperta la porta della carriera politica. Nel secondo caso, l’ex premier appare come un perdente illuminato che, pur accettando la sconfitta, trova negli affetti un rifugio sicuro e nella forza dei propri convincimenti un principio da cui ripartire.
Sono certo che buona parte degli italiani leggeranno il post di Matteo Renzi in modalità “sarcasmo”. Nemmeno l’onore delle armi, da queste parti, è più contemplato. Avanti il prossimo.
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