Io e Valerio abbiamo più o meno la stessa età. Lui è solo un anno più giovane. Da piccoli guardavamo entrambi la televisione. Rin tin tin, Furia, i ragazzi di padre Tobia. Con una sola differenza: lui la televisione la faceva. Aveva cominciato piccolissimo con alcuni caroselli per poi interpretare Andrea, il figlio minore della Famiglia Benvenuti con Enrico Maria Salerno e Valeria Valeri. Era il 1968. Lui, Valerio Fioravanti, detto Giusva, divenne un personaggio famoso. Intorno al 1972 io e Giusva cominciamo la militanza politica: io intorno alle posizioni del partito Comunista, lui in quelle del movimento sociale. Poi lui, Giusva, nel 1977 venne arrestato per il possesso di una pistola calibro 38 e finì in carcere per quaranta giorni. Io, a quei tempi, scrivevo canzoni e guardavo sempre con più distacco i partiti tradizionali. Come Giusva. Nel mentre mi iscrivo all’università e non faccio il militare. Anche Valerio Fioravanti si iscrive e abbandona quasi subito per arruolarsi nell’esercito, paracadutisti di Pisa. Anche questa esperienza gli sta stretta. Lascia l’esercito e, sempre quell’anno, fonda insieme ad altri camerati i N.A.R., nuclei armati rivoluzionari. Nel gruppo storico ci sono anche suo fratello Cristiano, Franco Anselmi, Alessandro Alibrandi e Francesca Mambro. Il 28 febbraio 1978 tendono un agguato ad un piccolo gruppo di militanti comunisti. In quell’occasione Valerio Fioravanti uccide un giovane elettricista,Roberto Scialabba. E’ il suo primo omicidio. Io, a quei tempi, studiavo e trasmettevo in una radio libera. Mi piacevano i cantautori, amavo la politica, quella fatta di parole e volevo cambiare il mondo. In maniera diversa. Valerio, invece, le radio libere non le ama e il 9 gennaio 1979 assalta la sede romana di radio città futura dove è in corso una trasmissione gestita da un gruppo di femministe. Fu il mio primo contatto con Giusva. Da dietro i microfoni della mia radio condannai fermamente quell’attentato fascista. Valerio cominciò la sua discesa verso l’inferno: uccise per sbaglio una vittima innocente, Antonio Leandri, successivamente un poliziotto di solo 19 anni Maurizio Arnesano; partecipò all’uccisione di un altro poliziotto, Francesco Evangelista, detto Serpico e, soprattutto, il 23 giugno 1979 venne ucciso il giudice Mario Amato. Fioravanti, dell’omicidio al Procuratore sarà ritenuto il mandante. In quegli anni io studiavo per entrare a lavorare come funzionario nel ministero della Giustizia. La scia dell’orrore di Valerio Fioravanti continua. Il 9 settembre 1980 uccide Francesco Mangiameli, un dirigente di terza posizione, gruppo nefoascista eversivo in contrapposizione con i N.a.r. . Il camerata è giustiziato probabilmente per vendetta. Ma c’è anche un’altra storia che raggiunge Valerio e mi riguarda. Il 2 agosto 1980, alle 10.25 una bomba viene piazzata nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. Valerio Fioravanti sarà condannato all’ergastolo come autore materiale di quelle strage, anche se lui e la Mambro professeranno sempre la loro totale estraneità. Io, quel giorno, il due agosto 1980, studiavo criminologia, perché il 20 settembre avrei dovuto sostenere gli scritti del concorso di educatore penitenziario. Il 5 febbraio 1981 alla periferia di Padova, Valerio Fioravanti, dopo uno scontro a fuoco e dopo aver ucciso due carabinieri, viene a sua volta ferito alle gambe e arrestato. Io, quel 5 febbraio 1981 ero a Roma. In via Arenula. Dovevo sostenere l’esame orale per quel concorso che avrei vinto e che, successivamente, mi avrebbe portato a varcare le soglie di molti penitenziari italiani. Poi, con Giusva non ci siamo mai incontrati. Solo sfiorati. Abbiamo camminato da sempre e per sempre su marciapiedi diversi. Io ho guardato con interesse il progetto “nessuno tocchi Caino” l’associazione che ha permesso a Fioravanti di lasciare il carcere dopo ventinove anni di pena espiata. Oggi Valerio Fioravanti è un uomo libero. Ha scritto dei libri e ha avuto una bambina dalla sua compagna/camerata Francesca Mambro. Ha, sicuramente, dei ricordi che pesano parecchio e che lascio, volentieri alla sua coscienza. Io, di mio, continuo sempre a scrutare nelle intersezioni delle scelte degli uomini. Cerco di comprendere gli errori e mi impegno a non giudicare. Non è semplice. Io e Giusva siamo quasi coetanei. Abbiamo fatto scelte diverse anche se abbiamo vissuto le stesse scenografie di un film terribile, denso, cattivo. A pensarci bene, però eravamo davvero diversi, fin dall’inizio: io la televisione la guardavo, lui c’era dentro. E le prospettive, a quanto pare, non potevano essere le stesse.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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