La vita, come la corazzata Potëmkin, è una boiata pazzesca. Così, forse, avrebbe salutato il buon Ugo Fantozzi, e Fracchia avrebbe aggiunto con le mani intrecciate: “Com’è umano lei” e il perfido Professor Kranz avrebbe urlato “Chi viene di voi adesso?”. Lo sberleffo, la perfidia, l’alienazione dell’ufficio, i giochi sottobanco, gli amori impossibili, le esagerazioni e le bassezze di una vita vissuta tra l’ufficio, il cartellino, la partita di tennis e di calcio tra colleghi. Tutto, da sempre, raccontato da Paolo Villaggio, che oggi, 30 dicembre, avrebbe compiuto 89 anni. Villaggio era un guitto, un provocatore, un fustigatore, uno che ha costruito personaggi che sono diventati un pezzo di Italia, un piccolo trattato di sociologia. E’ sempre stato eccessivo, bulimico, esagerato, volgare, ma anche tenerissimo, solitario, triste come solo i comici riescono ad essere. Genovese, amico di vecchia data di Fabrizio De André, con il quale si erano conosciuti nel 1948. Un’amicizia che portò alla scrittura di due canzoni: Il fannullone e la bellissima “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers”, che procurò ad entrambi una serie di guai giudiziari per le parole ritenute, allora, troppo licenziose. Il suo personaggio più famoso divenne, paradossalmente, la gabbia dalla quale non riuscì mai ad uscirne completamente. Nel 1971 uscì il romanzo “Fantozzi”, un libro bellissimo che divenne un successo editoriale, con oltre un milione di copie vendute. Per Paolo Villaggio Fantozzi “ come la maggioranza dell’umanità, non ha talento. E lo sa. Non si batte né per vincere né per perdere ma per sopravvivere. E questo gli permette di essere indistruttibile. La gente lo vede, ci si riconosce, ne ride, si sente meglio e continua a comportarsi come Fantozzi”. Aveva ragione. In fondo tutti, ma proprio tutti, siamo stati – anche senza volerlo – un po’ Fantozzi. Una verità amara che solo un grandissimo autore poteva raccontare. Quante corazzate Potëmkin abbiamo dovuto sopportare e continuiamo a farlo e quante volte vorremmo invece dire “è una boiata pazzesca”. Paolo Villaggio ha raccontato un pezzo della nostra vita. Siamo cresciuti con lui, abbiamo sorriso, ci siamo incazzati e, senza dirlo a nessuno, gli abbiamo dato ragione.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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