Lo Stato italiano deve un mucchio di soldi alla Sardegna. Si parla ormai di 17 miliardi di euro di debito che ha nei confronti dell’isola, e che continua a crescere.
E’ la cosiddetta vertenza delle entrate.
Il debito nasce dalla mancata applicazione da parte dello Stato italiano della norma dello Statuto regionale (Art.8), che è di rango costituzionale, e che regola la suddivisione delle entrate tra lo Stato e la Regione.
Lo Stato invece di trasferire il 7 trasferiva il 4 per cento dell’Irpef, oltre ad altri mancati trasferimenti relativi all’IVA e alle accise.
Una grave omissione da parte dello Stato ma anche una grave dimenticanza da parte della Regione.
Un pasticcio nato nel 1991 e portato avanti fino al 2005, quando il governo Soru ha finalmente accolto le proteste di associazioni sardiste e indipendentiste e attivato il contenzioso di fronte al governo.
Dopo il primo muro contro muro con il governo Berlusconi, la Regione Sardegna concluse un accordo con lo Stato tutto sommato onorevole e ragionevole. Il governo Prodi si impegnò a versare nelle casse della Regione Sarda delle rate fino alla risoluzione di metà del debito di allora, per un ammontare di 5 miliardi di euro, oltre alla rimodulazione delle entrate.
Alla Regione, con un aumento graduale a regime nel 2010, spettava il 7 per cento dell’Irpef ma, a quel punto, doveva accollarsi alcune spese, in particolare relative alla sanità.
Il governo Soru in quell’occasione cercò di sfruttare al massimo l’autonomia impositiva della Regione. Si ricorderanno le polemiche per la tassa sul lusso. Una interpretazione forse troppo autonoma della capacità impositiva della Regione che portò alla prima sconfitta, con l’impugnazione vinta da parte del governo contro quelle tasse.
E valle a toccare tu le tasche dei ricchi. Il finimondo.
In accordo con l’avversione alle tasse sul lusso, la giunta regionale successiva, quella di Cappellacci, nel 2009, adottò una politica meno aggressiva nei confronti del subentrato governo “amico” di Berlusconi, lo stesso che, nel frattempo, aveva scippato ai sardi i fondi europei FAS destinati alla strada della morte Olbia Sassari (toh, la stessa di cui si accusano le galline prataiole della sua mancata realizzazione), il G8 di La Maddalena, per non parlare della continuità territoriale.
Cappellacci aveva criticato aspramente, dall’opposizione, l’iscrizione delle quote spettanti dalla vertenza nella finanziaria del Governo Soru.
L’ineffabile duo Berlusconi – Tremonti, pertanto, lo accontentò. Disattese gli accordi presi dal governo Prodi, cancellando le somme previste e già inserite nella finanziaria regionale, come se non esistessero, invocando l’incertezza della normativa, con l’assenza delle norme di attuazione, ed altri graffi sugli specchi. Naturalmente disattese la parte del debito e del trasferimento delle spettanze, mentre l’accollamento della sanità e delle altre spese restarono, per il governo “amico”, valide.
Come si suol dire, cornuti e mazziati.
Qui Cappellacci si trovò in difficoltà, tra la lealtà al governo amico e i sardi sempre più infuriati. Anche il Consiglio Regionale, nel suo insieme, incominciò a rumoreggiare arrivando, ad un certo momento, a pretendere un ricorso presso la Corte Costituzionale.
E mentre il nostro governatore cincischiava sul da farsi, il Governo Nazionale prese tutti in contropiede, facendolo lui il ricorso contro la Sardegna.
Vai e fidati tu.
Infatti il Governo di Berlusconi e Tremonti decise di impugnare la finanziaria regionale per via dell’iscrizione di alcune quote, inserite unilateralmente, senza concordarle prima con lo Stato, dal governo Cappellacci in finanziaria.
A quel punto con un colpo di teatro, per protesta, Cappellacci decideva di stracciare la tessera di Forza Italia, ita dannu.
La cosa non sorbì molti effetti. Cappellacci lo si è rivisto a capo della coalizione di centro-destra nelle elezioni regionali successive.
Nel frattempo entrava in funzione anche il patto di stabilità, con i suoi vincoli di spesa aggravati dalla stessa questione irrisolta della vertenza, i quali, insieme al federalismo fiscale imposto, rendevano la situazione della finanza regionale drammatica.
Dopo un periodo incerto, con le dimissioni del governo Berlusconi, e con la Sentenza della Corte Costituzionale favorevole alla Sardegna, si sbloccavano una parte dei fondi, nella somma di un miliardo e 300 milioni circa, che però restavano inutilizzati a causa del subentrato patto di stabilità.
E così si arriva ai giorni nostri, con i 300 milioni di euro, bontà loro, concessi dal governo nazionale alla Regione governata da Pigliaru, insieme ad un allentamento del patto di stabilità. E forse ne arriveranno altrettanti tra qualche mese.
Ora i 300 milioni paiono una elargizione, mentre invece è meno della cifra spettante annualmente a regime, e ben lontana a sanare anche una minima parte degli arretrati.
E si deve pure stare attenti a non protestare troppo per le servitù militari, o per le ferrovie ancora allo stato preunitario, per le bonifiche dovute, e quant’altro. Che non sia che lo Stato si giri e ti neghi pure quello che ti ha appena elargito.
Più si è in difficoltà, più si subiscono i ricatti.
E tocca anche a ringraziare.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design