L’apice della vertenza si ebbe all’inizio del 1877 quando il sindaco facente funzioni cav. Sanna Tolu notificò al canonico Giovanni Spano che il dito di Domenico Alberto Azuni se lo poteva infilare su per il culo. Questo indirizzo preso dall’annosa controversia non lo troverete nei documenti ufficiali sulla macabra storia dell’indice della mano destra del grande giureconsulto sassarese sottratta dal canonico, nel 1870, dal sepolcro della basilica cagliaritana di Bonaria. Sono tradizioni orali, segreti discesi nelle generazioni di certe famiglie sassaresi che solo in pochi sappiamo. Fidatevi di me. Questo canonico Spano era più o meno prete perché si occupava di tutto meno che di dire messe e di dare penitenze. Era storico, linguista, archeologo e chi più ne ha più ne metta. Era in tirria con Azuni perché a entrambi era stato assicurato che a uno sarebbe stato intitolato a suo tempo il liceo classico di Sassari e all’altro il liceo scientifico. Azuni era morto nel ’27, quando Spano, che era del 1803, era appena un giovanottino. Quindi nel 1865, quando ancora c’era solo il classico e si trattò di intitolarlo a qualcuno, toccò ad Azuni. Apriti cielo. Spano si affuttò come una biscia. -Reverendo, non se la prenda – gli disse il preside dell’Azuni, tale Ciro Mezzacapo, avo di Gaetano Mezzacapo (al liceo Azuni il titolo di preside è stato regolato per circa un secolo dalla legge di successione dinastica) – Lei è ancora vivo e non possiamo intitolarle niente. Quando faranno il liceo scientifico lo intitoleranno a lei se nel frattempo il Signore l’avrà chiamata a sé. -Chiamato un cazzo! Mi devo tirare una fucilata in testa per avere una scuola a mio nome? Non basta quello che ho fatto? Ora, a parte che fosse vivo o morto, la questione era proprio questa: non si capiva che cosa avesse fatto di preciso. Di Azuni bene o male si avevano notizie, ma sulla produzione del canonico c’erano informazioni contrastanti e disordinate, pure se era opinione diffusa che ne sapesse umbé. Nessuno inoltre aveva voglia di approfondire. Neppure io, adesso. Fu così che nel 1870 Spano fece il colpo. Dovete sapere che Azuni, anche se era di Sassari, lo avevano sepolto a Cagliari, a Bonaria, e infatti ogni tanto il sindaco Edmondo Roberti chiedeva all’arcivescovo -Ma cosa cazzo ci fa un sassarese nella nostra basilica? E il sant’uomo rispondeva -Boh! In quel 1870 avvenne che stavano rifacendo il pavimento a Bonaria e quindi saltarono fuori un po’ di morti. Spano era lì un po’ come prete e un po’ perché curiosava dappertutto. Era il classico tipo che ne toglieva i morti da sottoterra, come si suole dire. Un muratore gli dice -A lo sa che in quella cassa c’è uno di Sassari? -E chi? -Azuni. Spano ebbe un moto di rabbia, scoperchiò la bara e staccò a morsi l’indice della mano destra del cadavere. Dell’episodio furono testimoni le maestranze e il canonico cercò subito di rimediare finanziando di tasca sua una tomba più lussuosa nella stessa basilica e sostenendo di avere rimosso il pezzo con il rispetto e la delicatezza del caso per farne dono al municipio di Sassari, che a suo tempo si era visto sottrarre l’intera salma. Al municipio di Sassari, a dire il vero, gliene fotteva poco sia della salma sia del pezzo di salma e anzi questa storia del dito la consideravano un po’ macabra. Tanto che il grande scrittore e storico Enrico Costa si toccò nascostamente a nudu nudu, infilando le mani sotto la cintura, perché l’atto apotropoaico fosse ancora più efficace, quando il canonico andò a trovarlo con il dito per chiedergli di farsi ambasciatore con le autorità cittadine del regalo che intendeva fare a Sassari. Costa sapeva bene che risposta avrebbe avuto dal Palazzo di Città, ma dovette rispettare le convenienze. Passarono sette anni dal colpo di Bonaria del 1870 e alla fine Enrico Costa, per non tenersi in casa il macabro reperto che la famiglia ogni giorno minacciava di buttargli nel cesso, fu costretto a pubblicare sulla sua Stella di Sardegna un articolo in cui a nome della città ringraziava il canonico Spano per quella reliquia donata al Comune, “tratta dall’umile tomba ove fu deposta la salma, per ricordare ai suoi concittadini sassaresi le stupende scritture che egli vergò con quel suo dito, diretto da una mente profonda e da una vasta dottrina”. Insomma, la buttò in politica. E così il ff sindaco Sanna Tolu, fallito ogni tentativo di respingere il dono o quanto meno di inumare il pezzo in terra benedetta, dovette carrarsi il dito di morto che sistemò in sala giunta, dove rimase a lungo. E per tutto quel tempo ogni sindaco di Sassari, quando gli capitavano guai, lo guardava con malcelato odio pensando -Lo dicevo io che bisognava toglierselo dalle balle, quel dito.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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