Tu pensi alla velocità e immagini i bolidi che scorrazzano tra le curve e l’imprevedibilità, tra la follia e la bellezza, tra l’ignoto e l’impossibile. Tu pensi alla velocità e immagini ai fotogrammi di mille colori che ti passano in un attimo: quando stai bene, quando abbracci, quando sorridi e allontani il nero, il grigio denso che rallenta e blocca tutto. Tu pensi alla velocità e guardi Vettel, il pilota della Ferrari che sta per agguantare il podio, perché in Formula 1 conti solo se vinci, se non ti fermi, se non calcoli. Lo guardi ed immagini quanta follia c’è dietro ogni curva e quanti uomini sono dietro quel miracolo chiamato velocità. Sono mani che si sporcano, mani di operai, meccanici dell’ignoto, ingegneri calcolatori che regalano le loro certezze ad un ragazzino e gli chiedono di vedersela con il sogno e diventare un mito. Così oggi deve vincere, perché così è scritto dentro il disegno incontenibile dell’universo. Deve vincere per la Ferrari, per i suoi uomini, per i tifosi e deve vincere per lui: Sergio Marchionne. Che non si capisce cosa sia accaduto ma è accaduto tutto molto in fretta, velocemente, tra una curva e il box. Deve vincere perché la velocità è rabbia, dolcezza, è rincorrere la vita, acchiapparla quando sta svanendo e abbracciarla nel rombo di un motore. Ma Vettel non vince. Si ferma davanti ad un guard-rail. Tutto si spegne. Quando vedi quel rosso così nitido, quando leggi le scritte e i contorni dell’auto capisci che è finita: una Ferrari ferma è come la spina staccata. Non si è rinnovata la vittoria dell’eroe, dell’ultimo sorpasso da dedicare a chi sta fuggendo dalla vita. Molto velocemente. Chissà perché quel rosso bloccato rappresenta il fermo immagine di Marchionne: uno che ha costruito la velocità con molto pragmatismo e con la velocità si è giocato gli ultimi attimi di questa vita. Non era un eroe, un mito, un fulgido esempio di grandezza come non era un meschino, uno cattivo contro tutto e tutti. Questo maledetto vizio che abbiamo di osservare gli uomini come si osservano le automobili. C’è una grande differenza tra le due cose: sono gli uomini a costruire la velocità, le auto sono solo un mezzo. Io non so perché Vettel non ha vinto e non so perché Marchionne è fuggito. Ho capito che sopra questa terra dove si cammina leggeri, la velocità è solo un punto di vista per osservare l’esistenza. Quella Ferrari che non trionfa è l’omaggio pacato ad un uomo abituato a vincere le sfide della vita, il limite che c’è tra la verità e il sogno, tra la velocità e il nero. Il rosso si ferma, il nero purtroppo avanza.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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