Tra le storie dimenticate o poco conosciute c’è quella di Rudi Dutschke che nessuno – almeno credo – ha nella sua memoria e provo a ricordarla perché a rileggere certi passaggi c’è molta attualità.Tutto accade nel centro di Berlino Ovest, l’11 aprile del 1968. Rudi è un ragazzo è di 28 anni, laureato in sociologia. E’ il leader pacifista e terzomondista del Soazialistischer Deutscher Studenbund (sds) e quel giorno di una primavera ancora fredda sta pedalando sulla sua bicicletta. Si sta recando in farmacia perché suo figlio, appena nato, non sta bene. Niente di grave ma il medico ha consigliato delle medicine e Rudi, padre giovane e accorto, corre subito ad acquistare ciò che lo specialista ha prescritto. Dentro la primavera di una Berlino divisa da un muro incomprensibile, dentro quel grigio che accompagna quello strano periodo, tra la speranza di qualcosa che può avvenire Rudi il rosso pedala. Rudi è un socialista, un rosso come viene descritto dai giornali. E i rossi, a Berlino Ovest sono guardati con una certa diffidenza. Quel muro non aiuta e neppure i giornali aiutano. Perché il destino di Rudi lo disegna, in qualche maniera, la carta stampata soprattutto il giornale “Bild” definito “popolare” e che aveva intrapreso una vera e propria campagna contro “i rossi”, invitando ad “eliminarli”. Solo parole direte voi. Certo. Solo parole. Che leggono in molti. Tra i quali anche Joseph Bachmann, un imbianchino ancora innamorato della purezza della razza e con una terribile idiosincrasia nei confronti dei “rossi”. Joseph attende che Rudi scenda dalla bicicletta. Gli si avvicina, punta la pistola e spara diversi colpi di pistola alla testa. Rudi quel giorno, l’11 aprile del 1968, non muore, ma resterà per sempre menomato e lascerà la vita nove anni dopo. Rudi il rosso viene colpito perché la propaganda di un giornale e del suo editore, il potentissimo Alex Springer era stata sferzante nei confronti di questo ragazzo con le idee chiare, forti, decise: socialiste. E’ una storia dimenticata, come tante e si tende sempre a minimizzare. Joseph era uno squilibrato nazista si dirà. Un pazzo, un sanguinario. Sono cose che appartengono al passato, cose di quando c’era il muro dentro una città. Come se adesso dalle nostre parti fosse un proliferare di ponti colorati dentro giornate crudeli che hanno preceduto queste elezioni che nessuno ha vinto e nessuno poteva vincere. Perché dovremmo imparare anche ad usare le parole in maniera più adatta e finirla di utilizzare la politica come competizione. Rudi il rosso non partecipava a nessuna gara, era convinto del suo ideale. Forse si sbagliava o probabilmente aveva ragione. Erano altri tempi, quando un giornale influenzava le masse. Per fortuna viviamo in un mondo migliore dove gli insulti sono ormai superati da un savoir-fare degno dei migliori salotti della Parigi bene. Rudi il rosso è solo un ricordo ed un monito. Voi che continuate ad insultare, ad infierire, a inondare le piazze di odio sappiate che c’è sempre, da qualche parte, un Joseph che fa l’imbianchino e che ha l’intenzione di dipingere tutto di nero. Poi non venite a dire che era un pazzo solitario. Pesiamo sempre molto bene le parole e le frasi, le cose non dette e la pace sospesa. Rudy il rosso era un socialista con la bicicletta e voleva solo acquistare delle medicine per suo figlio neonato. Dentro una Berlino Ovest incattivita dalle parole e dalle guerre sante. Non è vero che i morti non tornano, il fatto è, come ci ricorda Aureliano Buendìa – il fantastico personaggio del libro di Marquez “cent’anni di solitudine” – che non sopportiamo il peso della coscienza. Questo è il punto.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design