Una volta si cantava “le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi”, oggi sono diventate blu e frutto di una diaspora tra la dirigente scolastica da una parte e genitori, figli e leoni da tastiera dall’altra. Si discute di libertà d’espressione – grosso concetto – contrapposto al rispetto delle regole. Una sorta di Davide contro Golia dove la verità – se c’è – probabilmente non sta nel mezzo. E’ lecito che un ragazzino di tredici anni possa presentarsi a scuola con le treccine rasta? Detta così potrebbe essere consentito anche se – ma io sono all’antica e non faccio testo – occorrerebbe che si decida una volta per tutte come ci si debba presentare nelle varie occasioni pubbliche altrimenti – e magari qualcuno ci prova – un giorno ci troveremo con un sindaco che va ad una commemorazione in bermuda e maglietta. Dall’altra parte però la dirigente scolastica racconta che proprio nel corso degli anni è stato faticosamente raggiunto con le famiglie una sorta di modello di comportamento dove non era possibile fare proprio tutto ciò che a uno passa per la testa. In questo caso, per esempio, la preside ha convocato la mamma del ragazzo ed insieme hanno concordato un percorso: il ragazzo potrà continuare ad andare a scuola, farà le prove con l’orchestra, frequenterà i corsi di matematica ma potrà rientrare in classe solo quando accetterà le regole condivise e sottoscritte dalla famiglia: ovvero niente creste o treccine. La dirigente ha poi precisato che questo progetto è personale ed è fatto su misura sul ragazzino: per ogni ragazzo vi è un percorso diverso e nessuno deve rimanere indietro. Ora, la possiamo pensare anche in maniera diversa, ma credo che qui più che di libertà si debba parlare di rispetto e di condivisione. La dirigente ha affermato che tutto questo era stato condiviso (e quindi diviso con) i genitori che hanno accettato e sottoscritto. Stava a loro far comprendere l’importanza del rispetto per le regole a dei ragazzi che domani potranno diventare docenti, notai, avvocati, parlamentari e sindaci e sapranno, grazie alla condivisione e al vivere comune, trovare l’abito adatto per ogni cerimonia. La scuola è palestra di vita si diceva un tempo. Alleniamo i nostri figli a diventare uomini che per la libertà d’espressione con le treccine blu c’è sempre tempo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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