Non ho ben capito tutta la polemica relativa alla presunta santificazione di Bettino Craxi tramite il film “Hammamet”. Chi lo ha visto (e, a questo punto davvero dubito di molte analisi “definitive” legate al lungometraggio) deve ammettere, da subito, che questo non è un film pro o contro una persona, anche perché, sinceramente, mi lascia sempre molto perplesso questo voler analizzare un’opera di autore attraverso il ricorso alla storia che, tra l’altro, in questo caso è ancora “attualità”. Comunque: Craxi da questo film ne esce malissimo. E’ misogino, iracondo, antipatico, anaffettivo, la moglie un’icona rappresentativa e quasi inutile, l’amante molto triste e malinconica e un figlio che non approva le scelte di un padre ingombrante. Non è narrata la statura di un leader perché – questo lo penso del politico, da sempre – egli non è stato un politico “leader” ma un semplice politico che si è disegnato “leader” anche se a quei tempi non c’era la narrazione, facebook e il famoso storytelling tanto di moda in questi anni. Craxi, quello vero, era misogino, odioso, sbruffone e poco attento a ciò che voleva la “gente” intesa come espressione politica, intesa come elettorato. Non era suo interesse risolvere problemi, era innamorato dei complotti e amava essere considerato più rivoluzionario degli altri. Ecco perché durante lo scontro tra le Br e lo Stato per la liberazione di Moro si mosse dalla parte della trattativa con “gli uomini delle brigate rosse”. Se avesse liberato Moro forse sarebbe diventato presidente della Repubblica. Chissà. Craxi Bettino e quello dipinto in “Hammamet” sono due cose diverse e, a parte la straordinaria bravura di Favino, del film rimarrà solo ed esclusivamente un uomo che rappresentava lo Stato e non ha mai avuto il senso dello Stato. Alla fine il film poteva tranquillamente titolarsi “La tragedia di un uomo ridicolo” del grandissimo Bernardo Bertolucci. Perché questa, in fondo, è stata la tragedia di un latitante che si sentiva esule: una cosa terribilmente e tristemente ridicola.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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