di Fiorenzo Caterini
Quindi, secondo l’architetto Laner, esperto in edifici di epoche antiche, la statua di Monte Prama, quella con gli occhi tondi, tanto per intenderci, sarebbe un falso.
http://www.sardiniapost.it/cronaca/ipotesi-shock-dellarchitetto-laner-la-testa-di-monte-prama-un-falso/
Dice che è una statua troppo perfetta.
Un complotto ordito da Lilliu ed altri archeologici sardi per rinverdire i fasti della gloriosa storia nuragica e farne un vessillo indipendentista. Forse con l’aiuto dello scultore Pinuccio Sciola.
Lilliu? Quello della retorica dei sardi sconfitti e resistenziali in eterno?
E ancora, le statue greche non erano troppo perfette?
Anche altri, tempo fa, scrissero cose simili, anche tra i sardi, ma quelli non capivano una mazza di archeologia e neppure di storia, e si vedeva.
Questo invece è uno che ha fama di studioso di cose antiche, uno che se ne intende.
Poi però leggendo tra le righe non dice, Laner, che è proprio un falso, no.
Dice che nel restaurare la statua, si è voluta ricostruire prendendo spunto dai bronzetti nuragici, sempre all’interno del complotto sardista di Lilliu e company.
Cioè esattamente quello che si fa in tutti i restauri del mondo: ricostruzioni.
Quando ci si trova di fronte, infatti, a reperti particolarmente usurati dal tempo, ma che sono riconducibili ad una iconografia verosimile, si cerca di riportali, nel limite del possibile, alla loro condizione originaria.
Certo, Laner ha gioco facile nel dire che tutta la letteratura scientifica sui giganti segue in maniera pedissequa il solco tracciato da Lilliu. Io stesso, da una prospettiva antropologica, avevo contestato la ricostruzione del pugilatore con lo scudo in testa.
https://www.sardegnablogger.it/la-storia-dei-giganti-nuragici-scritta-da-bud-spencer/
Tuttavia Laner, che è un esperto di edifici antichi, sa bene, ad esempio, che Stonehenge è stato ricostruito, rimettendo in piedi i dolmen, sulla base di testimonianze e illustrazioni antiche.
E però nessuno si sogna di dire che Stonehenge è un falso. Si può criticare il restauro, si può dire che è un po’ artificioso, ma un falso no.
Le dispute archeologiche in Sardegna sono assurde, davvero. La terra che vanta una eccezionale concentrazione di monumenti archeologici, è anche quella circondata dagli attacchi di scetticismo più feroci. Dispute accanite, in particolare, tra gli archeologi ufficiali e gli “outsiders”, definiti con disprezzo “fantarcheologi” anche quando sono seri cultori della materia, o “archeosardisti”, per insinuare un interesse passionale di tipo politico. Dispute che non disdegnano neppure il “metodo boffo”, con calunnie e diffamazioni gravi e personali nei confronti di chi si permette di interferire con l’archeologia ufficiale, già finite, peraltro, davanti alle procure e ai tribunali.
L’archeologia ufficiale sarda è l’unica al mondo che si interessa dei risvolti fantasiosi delle scoperte archeologiche, con un accanimento degno di miglior impiego.
Non si sono mai visti, ad esempio, gli archeologi egiziani inveire contro la filmografia sulle mummie, o quegli inglesi criticare gli hippies che affollano Stonehenge.
In Sardegna invece accade questo. Che gli archeologi perdano tempo dietro le sciocchezze degli scrittori di fantarcheologia.
In realtà questo impegno sembra un pretesto, una forma di chiusura verso i contributi plausibili che provengono dall’esterno.
Laner si inserisce in questo clima di scetticismo, scavalcando persino gli archeologi ufficiali che, di solito, minimizzano un po’ tutto, con rigore scientifico.
Secondo Laner, le statue non andavano ricostruite.
Ma le ricostruzioni si fanno dappertutto, a seconda del tipo di reperto, si cerca di renderlo fruibile anche al grande pubblico.
Ma perché quello che si fa nel resto del mondo, cioè rendere accessibile anche al pubblico di non esperti un reperto archeologico, in modo da renderlo fruibile e comprensibile, non si può fare in Sardegna?
Tante volte abbiamo avuto la sensazione che la spettacolare archeologia sarda dovesse restare, come dire, limitata al campo degli addetti ai lavori, che non ci fosse una reale intenzione di condividere con la società la bellezza e l’importanza di questo patrimonio.
Io stesso ho proposto con forza la nascita di un parco archeologico a Monte Prama, una cosa se vogliamo ovvia, seguendo altre esperienze di successo in giro per il mondo, che porterebbe più posti di lavoro di altre imprese dove si investono montagne di soldi pubblici.
In Sardegna c’è questa cappa asfittica, di volta in volta definita rigore scientifico, o mancanza di fondi, o impedimenti burocratici, che soffoca tutto.
E, da parte della scienza ufficiale italiana, spesso, viene rimproverato alla cultura sarda un interesse “sardista” sulle questioni storiche, un intento passionario e mistificatorio, per alimentare sentimenti nazionalisti e indipendentisti.
Ho analizzato in altri articoli questa ossessione, questa paura da parte della cultura italiana, trovandola, di volta in volta, pretestuosa e capziosa.
Tra le opzioni che vengono offerte ai sardi, ci sono quelle della piattaforma energetica e della base strategica militare, ma non quella che contempli la ricostruzione di una memoria storica propria.
Ecco perché un semplice restauro, forse condotto con un metodo non troppo ortodosso, diventa addirittura un falso.
Forse la storia sarda contrasta troppo con le opzioni offerte.
pubblicato il 21 giugno 2015
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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