Portare mio figlio a scuola è una corsa precipitosa. Capita solo due volte a settimana, il venerdì e il sabato, ma è sempre un’avventura. Avrei due itinerari per arrivare a scuola, che qui per brevità distingueremo con “strada a destra” e “strada a sinistra”. Quello più breve e diretto sarebbe la “destra”. Uscendo dopo trecento metri dal piccolo quartiere, mi collegherei al viale Paolo Dettori e in tre minuti sarei dall’altro lato del paese. Ma la via destra io l’ho esclusa dal mio navigatore da ormai molto tempo. Vicino casa hanno aperto una grande clinica dentistica e la via, già dal primo mattino, è intasata dalle auto dei pazienti, non essendo finora stata prevista un’area di sosta. Le condizioni della strada sono peraltro penose, anche se l’urbanizzazione è recente: buche ovunque che Roma levati, allagamenti da piazza San Marco alle prime due gocce d’acqua.
E allora prendo la “strada sinistra”, parte antica del paese. Seguo via Mameli e poi svolto nella piccola via Azuni. Se mio figlio è in giornata positiva e la sua preparazione è avvenuta in tempi umani, arriviamo all’incrocio alle 8.24. E qui succede sempre la stessa cosa, accaduta anche stamattina. La via è stretta e, a destra e sinistra, sono parcheggiate le auto dei residenti. Insomma, ci passa una sola auto per volta, anche se la via è a doppio senso. E se io la imbocco alle 8.24, dall’altro lato della strada, giù in fondo, ogni volta con perfetta sincronia, la trovo occupata dal camion della nettezza urbana, che fa tutte le sue soste davanti ad ogni portone, col netturbino che acchiappa il sacchetto e lo scaraventa dentro la pancia del mezzo. Prima impreco, poi penso che stanno lavorando anche loro, innesto la retromarcia e scelgo la terza strada, passando da via Quasimodo. Ogni volta me ne dimentico, ogni volta ci ricasco. A meno che mio figlio non sia drammaticamente in ritardo o inspiegabilmente in anticipo: in questi casi, il camion della spazzatura è già passato o deve ancora passare. Ogni volta penso: ma possibile che i nostri spazi, il nostro tempo, le nostre città siano monopolizzate dalle auto, che tutto quel che progettiamo nelle aree urbane dipenda dalle auto, i nostri spostamenti e i nostri tragitti siano decisi da questa pure meravigliosa invenzione (tutto questo lo penso mentre viaggio su un’auto).
La morale è che la via sinistra ci sembra rassicurante, ma è vecchia e non al passo con i tempi. La via destra è caotica, costruita male e ognuno fa un po’ come gli pare. Comunque vada, restiamo imbottigliati nel traffico e finiamo con l’arrabbiarci. La terza via è sempre un ripiego.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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