(Una bestia intelligente e un vecchio tonto chiacchierano sul declino di Sassari in una notte calda e piena di fantasmi)
L’altra notte mi sono messo a chiacchierare con la Tartaruga. A Porta Sant’Antonio succedono cose strane, non lo sapevate? Ci si sente, ci sono i fantasmi. C’è quello dello Sviluppo che ulula in duetto con quello della Città Metropolitana. Dalla colonna di Tavolara spunta la Superiorità Culturale nei confronti di Cagliari, ritenuto un fantasma mezzo scemo e preso per il culo dai fantasmi pizzinni pizzoni dell’area Industriale di Predda Niedda, degli Accordi di Programma e del Rilancio del Centro Storico, tutti strozzati nella culla. Dalla sede del gremio esce incorporeo il fantasma del Credito & Finanza, che passeggia sussiegoso senza dare confidenza. Io mi siedo finalmente al fresco sui gradini della mia residenza per anziani. Non ho tanta voglia di risalire nella mia stanzetta dove un giorno non risponderò più all’infermiera-donna delle pulizie che al mattino bussa alla porta per rifare il letto. E faccio amicizia con i miei futuri colleghi incorporei, tra la colonna e il vecchio albergo che vogliono buttare giù non si sa perché. Ora sulla facciata del Turritania hanno dipinto questa Tartaruga. Una donna intelligente, ho scoperto. -Sa, io sono una signora e vengo da fuori. Quindi non metto bocca nelle vostre cose. -Becco. -Prego? -Dico, mi sembra un becco più che una bocca. -Non stia a sottilizzare. Dicevo che non mi metto in mezzo, ma ho l’impressione che quelli che ce l’hanno con me lo facciano più per fare dispetto al sindaco, non perché io sia davvero brutta. Che poi quelli che l’attaccano di più, il sindaco, sono quelli del suo partito. Come mai? -Cose più grandi di noi, signora. -Eppure io sono bella grande. -Penso dipenda dal fatto che ormai più che i partiti contano i giri e questo sindaco è nel partito ma fuori dal giro. -Non capisco. -Glielo dicevo. -E c’entra con i fischi ai candelieri? -Penso di sì. -E anche con il fatto che vogliono abbattere questo ex albergo che mi ospita? -Solo in parte. Certo il sindaco che invece vuole conservarlo e riutilizzarlo, oggettivamente aizza a sangue quelli che non sopportano la faccia tosta con cui ha vinto alla primarie e si è preso una valanga di voti alle amministrative. Ma sul Turritania pesano anche altre cose. -Mi può spiegare? -E’ un po’ complicato. Sa, noi sassaresi quando non capiamo una cosa ci vengono i nervi e la vogliamo abbattere. Pensi che abbiamo demolito un castello per farci una caserma e due palazzoni chiamati grattacieli e ora è da pressappoco centocinquant’anni che ce pentiamo una volta al giorno. Abbiamo spazzato via le cose più belle costruite nel secolo scorso a Sassari, le ville Primo Novecento, e ora facciamo convegni per rievocarle. -Ma questo albergo dice che ora lo abbatterebbe anche lo stesso architetto che per ultimo ci ha messo mano, negli anni Cinquanta. -Non credo. Si chiamava Vico Mossa e su questo edificio sul quale lei è dipinta mise molto di quello stile moderno che ora è un po’ incompreso. Era anche un bravo urbanista. Allora lo salvò perché era l’unico scenario possibile per questa piazza, serviva a coprire il brutto panorama della ferrovia, che come in ogni città è spettacolo di degrado. Questa scelta la mise per iscritto e chiunque la può leggere. Lì dietro da allora non è cambiato niente. E non potrà mai cambiare perché la ferrovia non la puoi certo rimuovere. Ecco perché la soprintendenza ha fulminato con il vincolo tutti gli aspiranti demolitori. -Siete strani, voi sassaresi. -Un pochino, ma ci piacciamo. A me a esempio una volta una mia alunna della scuola dell’Ordine dei Giornalisti e dell’Università mi chiese se mi sentivo più italiano, sardo o sassarese. Le diedi la riposta il giorno dopo perché mi ci volle un po’ di tempo per rifletterci: al primo posto, italiano e sassarese, quasi allo stesso livello, senza troppe differenze di senso di appartenenza. E poi sardo. -Ma quando è cominciato questo vostro declino? -Mah! A parlare dell’ultimo periodo, direi a partire dalla crisi della Sir di Nino Rovelli, agli inizi degli anni Settanta. Paradossalmente fu l’unico importante progetto di sviluppo del Sassarese, anche se dopo si è rivelato fasullo. Poi c’è stato solo il declino dell’economia e della classe dirigente: quella politica, culturale e imprenditoriale che si sono avviluppate in un intreccio di cause ed effetti che ha portato alla crisi attuale. -E prima eravate molto forti? -Insomma, ce la cavavamo. C’era la politica di eccellenza, con importanti leader nell’area cattolica, in quella comunista e in quella sindacale; la finanza, con due banche: Popolare e Banco di Sardegna; il commercio, un terziario attivo e di grande qualità, stretta connessione tra la categoria e il tessuto economico e culturale cittadino. Per non parlare dell’Università: c’erano alcune facoltà rinomate in tutta Italia, era un’istituzione davvero prestigiosa. Sassari aveva la dimensione di città universitaria, e l’ateneo era indipendente dagli altri poteri cittadini. -Tutto perso? -In gran parte. O fortemente ridimensionato: anche in questo caso in un rapporto interdipendente causa-effetto con il declino della città. -Dice anche che ce l’avete con Cagliari perché siete più deboli. -Questa dell’avercela con Cagliari è una stronzata. E’ uno scherzo, più che altro. Io a esempio amo Cagliari. E’ una città accogliente, la sento davvero come capoluogo di tutti i sardi. La battuta “Cagliari è bella, peccato che ci siano i cagliaritani” è un luogo comune. Cagliari non sarebbe splendida se i cagliaritani non lo fossero sempre stati altrettanto. La nostra debolezza rispetto al capoluogo? E’ reale. In parte per cause oggettive, storiche ed economiche, in parte per una politica squilibrata da parte dei poteri cagliaritani che sono resi più forti dalla contiguità con la Regione. Ma secondo me quest’ultimo aspetto, il più preoccupante, va contrastato con un’azione trasversale che metta il territorio al primo posto. Ma non una sorta di neocorporativismo che non tenga conto di differenze sociali o una artificiosa “proletarizzazione” del Sassarese che ricorderebbe l’Italia proletaria di Mussolini. Questa è una carta che qualcuno ha tentato di giocare senza risultato, arrendendosi all’oggettiva debolezza della nostra classe politica locale rispetto a quella cagliaritana e lasciandosi tentare dal barbaro gioco dello spoil system e della spartizione del potere nelle istituzioni: dalla sanità al credito e ai vari enti. -E lei cosa farebbe? -Si figuri se lo so, signora Tartaruga. Che dire? Rifletterei su che cosa si intende per corretta rivendicazione territoriale. A esempio individuazione delle emergenze sociali ed economiche e di quanto queste dipendano da una ingiusta ripartizione a livello regionale. Forse anche la creazione di un fronte di rappresentanti reali del territorio, che superi le divisioni in nome del contrasto a una crisi che rischia di essere esiziale. Secondo me Sassari sarà sulla strada di recuperare il suo ruolo di città territorio quando ci sarà un sindaco che scenderà in piazza a difendere l’aeroporto di Alghero e il porto di Porto Torres persino prima dei sindaci di Alghero e di Porto Torres. -Cosa dice, mi butteranno giù insieme a questo edificio? -Cosa vuole che le dica, signora? Per ora si goda la notorietà. Poi magari ci ritroveremo a fare tutti e due i fantasmi a Porta Sant’Antonio. Nessuno è eterno, in fondo.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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